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Oggi, in una conferenza stampa ufficiale, rispondendo alla domanda di un giornalista, il Presidente del consiglio dei ministri ha detto che “in Italia, di libertà di stampa ce n’è fin troppa”.

Ma davvero “ce n’è fin troppa” di libertà di stampa in Italia-di Mimmo Càndito-lastampa.it

Oggi, in una conferenza stampa ufficiale, rispondendo alla domanda di un giornalista, il Presidente del consiglio dei ministri ha detto con qualche tono di sprezzo che “in Italia, di libertà di stampa ce n’è fin troppa”.

Non è davvero la prima volta che B esprime simili opinioni, che hanno un suono minaccioso, e certamente non sono rispettosi del ruolo di un capo di governo di un paese democratico. E mi rendo conto che si rischia ancora una volta di riproporre un tema di dibattito nel quale gli umori di pancia troppo spesso prevalgono sulle ragioni di una riflessione critica.

Ma la dichiarazione è troppo violenta perché io non debba consegnarla alla vostra attenzione. La commento con una nota che ho trasmesso alle agenzie di stampa a nome di Reporters Sans Frontières, di cui – come alcuni di voi sanno – sono presidente della sezione italiana. Il testo dice:

“Quanto dichiara il Presidente del consiglio, sulla “troppa libertà di stampa in Italia”, suona amaramente come una di quelle minacciose dichiarazioni che erano pratica di governo di certi poteri che venivano definiti “latinoamericani”. Reporters sans Frontières classifica l’Italia al 49.mo posto nella classifica mondiale sulla libertà di manifestazione del pensiero, ultima tra i paesi di democrazia avanzata: la colpa di questa delusa classificazione sta nelle anomalie del nostro sistema mediatico, che certamente non cancella la libertà dei massmedia ma ne condiziona drammaticamente l’esercizio, nel settore privato quanto in quello pubblico.

Giornalisti epurati se dissenzienti, giornalisti premiati se servili, attacchi agli spazi di investigazione, normative penalizzanti del lavoro di cronaca politica, minacce continue contro le voci che denunciano un clima di pesante riduzione al conformismo, mistificazione spudorata della realtà, utilizzo spregiudicato del conflitto di interessi: altro che “troppa libertà”, si va instaurando una cultura dell’esercizio intollerante del potere che viene fatto passare come legittimo uso del voto popolare.

Che è invece un tradimento dell’art.1 della Costituzione italiana, che riconosce “la sovranità del popolo” ma ne condiziona la forza e la vigenza “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Difendere la Costituzione nella integrità del suo dettato deve essere – dovrebbe essere – il dovere solennemente giurato di un governo rispettoso del valore del giudizio critico che la stampa esercita senz’altri limiti che quelli della legge, La libertà di stampa non è mai troppa, in una democrazia: ne difende le ragioni e la stessa identità di sistema”. (Beh, buona giornata).

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Freedom House: in Italia la televisione fa molto male all’informazione.

Giornalismo, rapporto Usa: solo grazie a giornali e internet in Italia informazione parzialmente libera: colpa della tv-blitzquotidiano.it

L’informazione italiana continua a essere “parzialmente libera” anche se i giornali stampati e internet sono totalmente liberi, a causa della pesante concentrazione nel campo della tv e la crescente interferenza da parte del governo nelle scelte editoriali del servizio pubblico televisivo. Lo afferma il rapporto annuale di Freedom House, un’organizzazione americana che monitora sin dal 1980 la libertà di stampa a livello mondiale.

Si tratta di un giudizio che fa della tv il centro dell’informazione di un paese e non dà il giusto peso che hanno i giornali e in misura crescente i siti internet nella informazione della opinione pubblica. I giornali in Italia sono liberi, ognuno può scrivere quello che vuole anche se nessun giornale ospiterebbe stabilmente articoli di collaboratori di tendenza contraria a quella del giornale stesso.

Questo vale per tutti i giornali, anche quelli che si sostengono unici difensori della libertà di stampa, ed è anche codificato dalla gurisprudenza e dal contratto di laovro nazionale dei giornalisti. Difficilmente un giornalista di destra potrà lavorare secondo le sue idee in un giornale di sinistra e viceversa.

Oggi comunque, grazie alla moltiplicazione delle fonti di informazione e alla caduta delle barriere d’accesso dovute a internet, è possibile formarsi una opinione abbastanza ampia su ogni evento.

Per quanto riguarda la tv, non era necessario che ce lo dicessero gli americani, perché lo sapevamo da noi, comunque, secondo il rapporto, il nostro Paese resta la nazione con il più alto tasso di concentrazione dei mezzi di comunicazione tra quelle dell’Europa occidentale e questo appunto è dovuto al fatto che una sola persona, Silvio Berlusconi, controlla direttamente, con Mediaset, tre delle dodici reti tv nazionali e, almeno temporaneamente, in quanto capo del governo, due delle tre reti e due dei tre tg della Rai.

Ancor più sbilanciata appare la situazione in campo televisivo se si considera che tra Rai e Mediaset occupano il 90% dell’audience e della pubblicità televisiva.

Come l’Italia, per quanto riguarda la libertà di stampa, in Europa, ci sono solo i paesi balcanici e quelli dell’Est, come Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Macedonia, Bulgaria e Romania. (Beh, buona giornata).

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L’offensiva mediatica di Gianfranco Fini. La politica in Italia è bassa cucina.

Fini:”Non sono presidente per un cadeau di Berlusconi”-rainews24.it

‘Non sono presidente della Camera in ragione di un concorso vinto o di un cadeau del Presidente del Consiglio”. Gianfranco Fini lo mette in chiaro poco dopo essersi seduto sulla poltrona di pelle bianca di ‘Porta a Porta’ per una lunga intervista con Bruno Vespa che e’ un difficile esercizio di politica.

“Non ho intenzione di divorziare o di litigare, a patto che si rispettino le mie opinioni”, dice rivolto alla pubblica opinione anche per mettere subito sui giusti binari la questione dei suoi rapporti con Silvio Berlusconi, dopo la burrascosa direzione di una settimana fa. E poi e’ tutto un gioco di frizione tra la volonta’ di non compromettere una pax politica e quella di rivendicare il diritto di dire sempre come la pensa. Orgogliosamente Fini dice al premier, convitato di pietra della puntata, che alla Presidenza della Camera pensa di essere arrivato “per una storia politica che e’ quella di una destra senza bava alla bocca”. E aggiunge: “Non ho nessuna intenzione di dimettermi e fino alla noia, finche’ saro’ Presidente, difendero’ le prerogative del Parlamento”.

“Mi spiace doverlo ricordare – torna sulla lite in direzione -, ma Berlusconi non puo’ dirmi ‘se vuoi fare politica devi dimetterti da presidente della Camera’. Vespa ribatte: ‘Credo intendesse dire che doveva dimettersi da presidente della Camera se voleva fare una corrente’. Qui Fini stoppa il conduttore piccato: ‘A me non e’ parso, direttore. E comunque credo che quello che e’ accaduto lo abbiano visto in tanti”.

La puntata tocca l’acme quando Fini rivela ironico di aver ricevuto “la solidarieta’ del fratello del direttore” dopo l’attacco odierno del ‘Giornale’ di Feltri. “Non e’ stato un incidente – affonda l’ex leader di An – E comunque o non legge i giornali (Berlusconi ndr.) o non si capisce perche’ solo oggi la solidarieta’. Quindi uno sdegnato attacco contro il giornalismo “che sguazza nel fango, per non citare la materia organica che rese famoso Cambonne” e che “va oltre la decenza” infangando le persone sul piano familiare, cosi’ come fa anche la politica.

Ma Fini e’ teso anche quando deve mettere in chiaro che non accettera’ che Italo Bocchino sia usato come vittima sacrificale e sfiduciato dal capogruppo vicario del Pdl. “Si puo’ essere sfiduciati in ragione di addebiti – si butta avanti Fini -. Cosa si puo’ addebitare a Bocchino? Di aver sabotato il gruppo? Di aver organizzato qualche imboscata? Non si puo’ addebitarglielo. Viene rimproverato perche’ si ritrova su posizioni del Presidente dalla Camera. E’ questa la ragione? Se e’ questa, altro che partito dell’amore, se si inizia a tagliare teste”.

Ma il presidente della Camera, anche sui presidenti di commissione a lui vicini, non vuole credere che “Berlusconi pensi ad epurazioni”. Ne’ accetta che inizi la “caccia alle streghe” addebitando ai finiani la battuta d’arresto del governo, oggi andato sotto alla Camera su un emendamento del Pd al ddl Lavoro. Fini e’ tranchant quando afferma “E’ imbecille dire che lavoro per la sinistra” e smentisce ogni ipotesi ribaltonista dicendo degli avversari “Quando si e’ in fase di disperazione politica, ci si attacca a tutto cio’ che passa. Si augurano che io faccia qualcosa contro il governo centrodestra, ma io lavoro perche’ sia piu’ efficace, non per farlo cadere. Cosa sperano?”.

Nel mirino anche i retropensieri nel centrodestra: “Un patto sulle riforme non puo’ essere considerato l’anticamera dell’ammucchiata anti-Berlusconi. Anche se su alcune riforme si puo’ ragionevolemente arrivare ad una convergenza”. Cosi’, punto per punto, l’ex leader di An ribadisce le ‘tesi’ della storica direzione “nel cui documento finale il partito sembrava un impaccio, una parentesi”. Spiegando che esiste “differenza tra governare e comandare”, Fini ribadisce che “elezioni anticipate sarebbero da irresponsabili” e che lui lavora “non a logorare il governo ma a rinforzare esecutivo e Pdl. “Il logoramento – va avanti propositivo – nessuno lo vuole -. Berlusconi lavorera’ per un chiarimento e per evitare il logoramento. Io faro’ lo stesso”. Pero’ insiste su un federalismo fiscale del quale siano chiari i costi, su una riforma della giustizia che “non denigri i magistrati, baluardo di liberta’, e non crei sacche di impunita”‘, su un presidente del Consiglio che non dica certe cose su Saviano “perche’ sarebbe come dire che Camus con ‘La peste’ ha fatto l’untore”.

Fini chiede rapporti “improntati al massimo della correttezza” con le istituzioni, Colle in testa, insiste per un “sereno confronto” e nega si possa parlare di “tregua armata”, perche’ non c’e’ guerra in corso ma solo “una fase nuova”, dove e’ possibile dissentire senza essere bollato di tradimento. E a Vespa che gli chiede di riassumere in un titolo, Fini replica: “Guardi che se appare uno che si fa suggerire da me le cose, in questo momento rischia di avere problemi”.
(Beh, buona giornata).

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Metti un immigrato nello spot.

La Cassazione ha deciso niente adozione per quelle coppie che fanno distinzione di pelle tra i bambini. Infatti, la procura della Cassazione dice no a chi vuole essere genitore dichiarandosi indisponibile a ricevere bimbi di pelle nera o di etnia non europea.

La procura della Suprema Corte, sollecitata da un esposto dell’associazione ‘Amici dei bambini’, ha espresso questo orientamento innanzi alle Sezioni Unite che dovranno prendere posizione al più presto. Sono certo sia una decisione saggia, oltre che, evidentemente legalmente ineccepibile, essendo la Cassazione a emanarlo.

Suggestionati da bislacche tesi politiche, alla spasmodica ricerca dei piani bassi del consenso elettorale, gli italiani sembrano aver smarrito il senso del reale, non dico il senso della Storia, ma almeno quello della Geografia: siamo un Paese in mezzo al Mediterraneo, sicché ne abbiamo avuto di immigrazioni, a cominciare dai tempi della Magna Grecia.

Per non parlare delle immigrazioni indo-europee. Una volta Indro Montanelli ebbe a dire che nessuno in Lombardia potrebbe essere certo che un lanzechenecco non si sia coricato, almeno una volta, con l’antenata di una delle nostre nonne.

Ciò non di meno, a Rosarno, in Calabria, normali cittadini si sono fatti ku klux clan contro gli africani, salvo scoprire che la rivolta di gennaio era stata provocata proprio dagli schiavisti delle arance: la magistratura ha disposto una ventina di arresti tra capi clan e caporali del lavoro nero.

Ciò non di meno a Treviso, una masnada di giovinastri dell’estrema destra neo-nazi, al canto di ‘sbianchiamo Samir’ costringono una giovane fanciulla africana e i suoi amici ad abbandonare un bar del centro storico, per evitare risse. Gli avventori hanno scritto ai giornali scandalizzati, il proprietario ha fatto il vago.

Che il nostro Paese abbia bisogno di una dose forte di ragionevolezza è un fatto acclarato. Gli immigrati esistono. Essi vivono, lavorano e consumano fra noi. Essi consumano, dunque spendono. Infatti una primaria compagnia telefonica fa campagne pubblicitarie nelle loro lingue. Ho visto anche che una primaria marca italiana di merende per bambini fare campagne nelle loro lingue.

E allora, facciamo una cosa utile alla convivenza civile e magari anche al business dei nostri clienti: essi esistono, lavorano, portano i bimbi a scuola, vanno nei negozi. È giunto il momento che ‘essi’ vengano presi in considerazione anche nei ‘casting’ degli spot pubblicitari.

Noi italiani siamo multietnici dalla nascita, di che cosa abbiamo paura? Nelle scuole, nei mezzi pubblici, nelle nostre case, nei supermercati ‘essi vivono’, spendono, consumano, comprano.

Bisogna rappresentarli, magari quei coglioni di razzisti, quelli ‘che io non sono razzista, però…’ guardando lo spot, l’annuncio, l’affissione si rendono conto che quelli strani non sono ‘essi’, ma loro stessi. Beh, buona giornata.

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Sergio Zavoli: “Per tirar fuori la politica dalla Rai – s’intende dall’occupazione dell’azienda – occorre cominciare da una Rai che voglia tirarsi fuori da una sua ormai insostenibile, paradossale contraddizione.”

Zavoli: “La credibilità è crollata non si rispettano autonomia e qualità”
Il presidente della Vigilanza traccia un quadro dai contorni drammatici. Con la gestione dell’attuale centrodestra, la tv di Stato non rispetta più niente. “Ormai non hanno spazio neppure i vecchi prudenti linguaggi”
di GOFFREDO DE MARCHIS-repubblica.it

Il caso Ruffini è solo la punta dell’iceberg. La Rai è ormai “una pulzella promessa” che dice sì “alle pretese di tutti i pretendenti”. La commissione di Vigilanza vede “distorti” da Viale Mazzini i suoi atti di indirizzo e viene da chiedersi se “la sua autorevolezza possa risolversi in un rito esortativo”. Il quadro descritto da Sergio Zavoli, popolarissimo giornalista tv, senatore del Pd e presidente della commissione parlamentare che vigila sulla Rai, ha contorni drammatici. Con la gestione dell’attuale centrodestra, la tv di Stato non rispetta più niente: la sua autonomia, la sua capacità di critica, “neppure i vecchi, prudenti linguaggi”.

Una delibera del cda disattesa, una soluzione che non accontenta nessuno. E Ruffini dice: contro di me c’è una discriminazione politica. È così?
“In Rai c’era e c’è un problema di fondo: l’assenza, o l’imperfezione, o il rifiuto della regola. La quale viene prima del consenso. Ne consegue che il pacta sunt servanda, così spesso trasgredito, rischia d’essere una citazione sapienziale ormai a buon mercato. Ma nel caso nostro va anche detto che quando i patti non sono rispettati la prima causa cui doversi richiamare non è tanto la regola quanto l’idea che un “servizio pubblico” – ignorando la doverosità, la puntualità e la funzionalità del suo compito – possa impunemente tradursi in un grave danno inferto alla credibilità dell’istituzione”.

Ruffini ha avuto una collocazione adeguata?
“La sua è una vicenda che nessuna grande organizzazione imprenditoriale può permettersi: ciò che è successo si sottrae a valutazioni di principio, men che meno manageriali. È la licenza di un’azienda che sta smarrendo una sua autonoma facoltà critica”.

Sia lei sia Paolo Garimberti, presidenti di garanzia, avete molte difficoltà ad esercitare le vostre funzioni. Quale ruolo può avere la minoranza schiacciata dalla logica dei numeri?
“Poter esercitare un legittimo potere con la forza dei numeri non esclude affatto il coinvolgimento dell’opposizione. Non ricorro all’abusato argomento della dittatura delle maggioranze: mi limito a dire che rinunciare all’allargamento del consenso è una pregiudiziale abdicazione a un ulteriore tasso di democrazia, che conferirebbe un’aria di vaga infondatezza al proposito di coinvolgere l’opposizione nelle riforme”.

Basterebbe una riforma della Rai per tirar fuori la politica da Viale Mazzini?
“Per tirar fuori la politica dalla Rai – s’intende dall’occupazione dell’azienda – occorre cominciare da una Rai che voglia tirarsi fuori da una sua ormai insostenibile, paradossale contraddizione. Questa è radicata nella più comoda e reciproca delle garanzie: il compromesso – poco nobile intellettualmente, culturalmente, aziendalmente – rinnovabile a ogni cambio di governo attraverso il citatissimo spoil system, ma soprattutto quella ingegneria combinatoria che si chiama “lottizzazione”, la più pigra e matematica delle soluzioni adottate con il consenso dell’azienda. Il pluralismo non è una somma di “legittime faziosità”. Perciò la storia e il prestigio della Rai meritano un colpo d’ala anche al suo interno. Comunque, il primo passo spetta alla politica. Dovrà opporsi all’idea ormai invalsa di un’azienda che non rispecchi i principi dell’autonomia e della responsabilità, della competenza e della qualità”.

La commissione non ha gli strumenti per intervenire?
“Le giro io un’altra domanda: è ragionevole credere che la Commissione possa fare un “miracolo” al giorno (tranne quando la disputa partitica obbedisce a specialissimi input, come è successo di recente nella controversia sui talk show) se, non avendo poteri vincolanti, il suo indirizzo può essere disatteso dall’azienda, oppure distorto, vanificando così ogni effetto riparatore della commissione? Noi abbiamo fatto dei seminari e caveremo dei materiali per rispondere ai problemi della qualità e del pluralismo. Ma si pone un legittimo interrogativo sull’autorevolezza di un organismo parlamentare, per giunta bicamerale, che non può certo risolvere il suo ruolo in un rito esortativo”.

Al Tg1 i giornalisti sono sul piede di guerra contro Minzolini, le intercettazioni di Trani dimostrano le pressioni del Cavaliere sulla Rai. È la notte della tv di Stato?
“Andiamo con ordine. La più grande testata italiana, sottoposta a varie scosse telluriche, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare, insieme con la sua identità, una parte dell’ascolto tradizionale. Intercettazioni: voglio credere che il ministro Alfano sia disposto a ripensare le norme del suo disegno di legge, in discussione al Senato, lesive della libertà di cronaca e del diritto-dovere di informare. Trani: quelle telefonate si commentano da sole, non occorre che aggiunga altro, se non una personale amarezza”. (Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia

Il Pec è un pacco. Un altro flop del ministro Brunetta.

Il Ministro Brunetta è uno sciagurato. Ha sparato la grande idea della posta elettronica certificata (Pec). Si è fatto riprendere dalle telecamere, ha digitato i suoi dati e poi è andato in un ufficio postale per farsi certificare. Tutto finto, col cavolo che il ministro è andato alla posta.

Tutto finto, col cavolo che tutte le amministrazioni pubbliche sono raggiungibili via e-mail: solo 29 enti governativi, solo 9 regioni, solo una quarantina di Asl.

Alla qual cosa si aggiunge che il server del servizio Pec non regge le iscrizioni: è andato in tilt dopo quarantamila richieste di accesso.

Caro ministro, forse lei non ci arriva: quando si fanno promesse di efficienza tecnologica, come minimo bisognerebbe esserne all’altezza. Non ci può credere come sia possibile fare ‘ste cazzate. Un vero professionista del flop. Con i soldi pubblici. Beh, buona giornata,

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Web, buona giornata.

Binaghi è il nuovo presidente Iab-“Il web non è piu’ una riserva indiana”-repubblica.it
Roberto Binaghi è il nuovo presidente di Iab Italia, eletto all’unanimità dal consiglio direttivo. La Iab è un’associazione internazionale che si occupa dello sviluppo della comunicazione e della pubblicità interattiva.

46 anni, Binaghi ha iniziato la sua carriera professionale nel 1987 nel reparto media di Y&R. Da venti anni è tra i protagonisti media industry e vanta una particolare esperienza nel comparto dei centri media: è stato CEO di Mindshare e successivamente di OMD. E’ stato inoltre presidente del Centro Studi di Assocomunicazione e consigliere di amministrazione di Audiweb, Audipress ed Audiposter. Dal 2009 è il vice direttore generale di Manzoni con delega al marketing strategico, al multimedia ed al digitale e si occupa del coordinamento tra concessionaria e divisioni operative del Gruppo Espresso per la gestione dei progetti editoriali.

“Ritengo significativo che a guidare il vertice dello Iab sia stato chiamato un professionista che proviene da un gruppo multimediale e plurimediale. Internet non è piu’ una riserva indiana che deve emanciparsi, ma una componente stabile della dieta mediatica degli italiani e del mix degli inserzionisti. La mia nomina è un segnale di integrazione fra mezzi e mondi un tempo separati”.

Il neo-presidente vuol puntare sul dialogo con le altre associazioni: “E fare da tramite con organizzazioni come la Fedoweb (gli editori) e la Fcp, i concessionari di pubblicità. Non un’associazione chiusa, ma aperta al dialogo e ai progetti. I miei ringraziamenti vanno innanzitutto all’Assemblea dei Soci che mi ha permesso di entrare nel board, al Consiglio Direttivo che mi ha eletto Presidente e al Presidente Onorario Layla Pavone, che ha contribuito alla crescita e all’accreditamento di IAB Italia in questi anni”, dichiara Binaghi.

“In qualità di nuovo Presidente mi impegnerò in prima persona per la crescita di Iab che potrà continuare a ricoprire un ruolo di primissimo piano, alla luce del crescente sviluppo del digitale nel nostro Paese e del peso sempre maggiore di internet, sia in termini culturali, sia economici”.

Salvatore Ippolito, Sales Director BU Portal & Mobile VAS di Wind, è stato nominato vicepresidente. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La cifra della comunicazione delle cifre.

Durante i mesi duri e bui della grande crisi economica che ha sconvolto il mondo globalizzato, la tendenza a tenere nascosti i dati preoccupanti è stata palese, per certi versi sfacciata. Lo hanno fatto i governi, figuriamoci se non lo dovevano fare le agenzie di pubblicità. Certo, ci sono stati anche momenti grotteschi: ‘in controtendenza con l’andamento del mercato’ si citavano risultati a due cifre, contemporaneamente si mandavano via persone, però, coerentemente, anche i tagli sono stati a due cifre.

Qualche settimana fa, ho letto una dichiarazione del CEO di un’agenzia italiana, il quale sosteneva di aver chiuso il 2009 con un + 50%, nonostante la sua agenzia non avesse fatto alcuna nuova acquisizione nel corso dell’anno. Sono rimasto di sasso: il nostro eroe deve aver finalmente inventato la pietra filosofale, quella che gli alchimisti hanno cercato inutilmente per tutto il Medio Evo, quella, per intenderci che si credeva potesse ‘creare’ l’oro. Complimentoni. Chissà che marca di alambicchi ha usato.

Comunque, poiché siamo nella stagione delle trimestrali, cominciano a circolare i dati relativi ai primi tre mesi dell’anno. Siccome va sempre e comunque di moda ‘l’ottimismo’ vedremo rispuntare segni più. Che però non sono del tutto veri. Cito a memoria la trimestrale di un noto network, potrei sbagliare di qualche decimale: a fronte di una chiusura 2009 negativa del 8,4%, il noto network in questione dichiara un +1,5 nei primi tre mesi del 2010. Urca, dirà qualcuno, che bravi. E no, cari miei: o nella notte di Capodanno tra il 2009 e il 2010, magicamente si sono recuperati 8,4 punti di svantaggio, per poi salire a 1,5, oppure, quel +1,5 va semplicemente sottratto al l’8,4. Risultato? Chiuso l’anno con- 8,4 si riparte da +1,5, cioè da -7,3.

Certo questi trucchetti di tipo cosmetico vengono fatti anche dai ministri dell’Economia dei paesi sottoschiaffo per la crisi. In Italia, per esempio, l’anno si chiude con un rapporto deficit-Pil a -5,5%. Siccome c’è chi sostiene che nel 2010 ci potrebbe essere una ripresa dello 0,5, vorrà dire che invece che -5,5, il risultato sarà di -5%. Dice: però non è carino dirlo così all’opinione pubblica. Meglio dirgli che c’è una crescita, piuttosto che una riduzione delle perdite. Fate un po’ come volete, ma, come diceva Totò, ‘è la somma che fa il totale’. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Media e tecnologia Società e costume

Signore e signori, trasmettiamo ora il “partito dell’amore, contro l’odio e l’invidia”: http://tv.repubblica.it/dossier/direzione-pdl-fini-berlusconi/berlusconi-vs-fini-il-remix-su-youtube/46053?video=&pagefrom=1

http://tv.repubblica.it/dossier/direzione-pdl-fini-berlusconi/berlusconi-vs-fini-il-remix-su-youtube/46053?video=&pagefrom=

(Beh, buona giornata).

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Il Gruppo Espresso muove i primi passi fuori dalla quarta crisi?

Si è riunito ieri Il Consiglio di Amministrazione di Gruppo Editoriale L’Espresso, presieduto da Carlo De Benedetti, che ha approvato i risultati consolidati del primo trimestre dell’esercizio 2010.

I ricavi netti consolidati del Gruppo nel primo trimestre 2010 ammontano a 213,6 mln di euro, importo sostanzialmente in linea (-0,7%) con quello registrato nel corrispondente periodo dell’esercizio precedente (215,0 mln). Al netto dei prodotti opzionali, il fatturato registra una crescita del 6,5%. I ricavi diffusionali, esclusi i prodotti opzionali, sono pari a 65,3 mln, in linea con i 65,8 mln del corrispondente periodo dell’esercizio precedente.

Sul fronte della diffusione, La Repubblica e L’espresso hanno registrato leggeri incrementi delle vendite in edicola. Le diffusioni complessive mostrano, invece, una flessione interamente imputabile alla soppressione della distribuzione promozionale, ancora in vigore nel primo trimestre del 2009, ad alberghi e scuole (per queste ultime è stato sviluppato un servizio internet dedicato).

I ricavi pubblicitari, pari a 121,6 mln, sono cresciuti dell’11,2% rispetto al primo trimestre 2009. La raccolta sui mezzi del Gruppo, escludendo quindi i mezzi di terzi e le nuove concessioni acquisite, è aumentata dell’8,4%. La raccolta delle radio del Gruppo registra nel trimestre una crescita a due cifre (+24,4%. Anche la stampa mostra un’evoluzione positiva (+5,2%) che interessa sia i quotidiani che i periodici. Infine, la raccolta su internet è aumentata del 18,7%.I ricavi dei prodotti opzionali ammontano a 22,8 mln, in calo del 36,3% rispetto al corrispondente periodo del 2009.

I costi operativi totali sono stati ridotti del 9,1% rispetto al primo trimestre del 2009, andamento che, considerati i risparmi già conseguiti nel primo trimestre del 2009, è in linea con l’obiettivo del piano che prevede un taglio complessivo dei costi del 17% rispetto all’esercizio 2008 (base di riferimento per la formulazione del piano di riorganizzazione aziendale). Il margine operativo lordo consolidato è pari a 30,4 mln (16,7 mln nel primo trimestre 2009) ed il risultato operativo consolidato è pari a 21,2 mln (6 mln nel primo trimestre del 2009).

In definizione lo sbarco, a maggio, di Repubblica sull’iPad. (Beh, buona giornata).

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Enzo Baldoni è tornato dall’Iraq.

Le spoglie di Enzo Baldoni sono finalmente a casa.

Dopo i rilievi scientifici eseguiti dai Ris e la controperizia fatta eseguire dai familiari, è certo che le spoglie di Enzo sono state restituite.

Sandro Baldoni, suo fratello, in un’intervista telefonica rilasciata a RepubblicaTv conferma che i resti di Enzo sono finalmente tornati. Ma Sandro dice anche che si è perso tanto, tanto tempo e che il ritrovamento si deve alla pervicacia di un pm, all’abnegazione di un ufficiale dei servizi e alla perseveranza di Giusy, moglie di Enzo, la mamma dei suoi due ragazzi.

Sandro dice che si è riaperta un ferita per la sua famiglia. Vorrei dirgli che quella ferita, noi amici a colleghi suoi e di Enzo la porteremo nel cuore.

Perché è il cuore di un paese che ripudiava la guerra che porta la ferita della morte violenta di un uomo pacifico come Enzo, catturato e ammazzato mentre era al seguito di un convoglio della Croce Rossa. Così pacifico da essere apostrofato da un noto direttore di giornale come ‘pirlacchione’. Quello stesso direttore che aveva come vice una ‘barba finta’.

Dico che l’Italia ripudiava, perché poi è finita che si è voluto travestire la partecipazione bellica da ‘missione umanitaria’.

L’uccisione di Enzo sta lì a dimostrare che i sofismi politico-diplomatici servono a poco: quanti morti abbiamo pianto in questi anni, per la ‘missione di pace’ in Iraq e in Afghanistan? Pare che la guerra in Afghanistan costi al nostro paese un paio di milioni di euro al giorno. Non so. So che la morte di Enzo è stata un’ingiustizia insopportabile. Ecco: Sandro Baldoni ha davvero ragione, quando dice che si è riaperta una ferita. Beh, buona giornata.

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Minoranze creative? Vedi alla voce: consorziocreativi.com

Cappuccino&Cornetto. Lunga vita alle minoranze creative-advexpress.it

Nella sua rubrica Marco Ferri riflette sull’importanza delle minoranze creative. “Ogni mio riferimento alla pubblicità italiana, nella quale i creativi sono diventati minoranza e la creatività quasi un’eresia, rispetto al “verbo” del business senza scrupoli (e proprio per questo, spesso senza costrutto per i clienti), è assolutamente voluto, cercato, tenacemente perseguito”.

Normalmente, non la penso affatto come il cardinale Bertone. Per una serie, lunga e articolata di motivi.

Stavolta, però, devo sottolineare queste sue parole: “Normalmente sono le minoranze creative che determinano il futuro (…)”. Lo scrive, appunto il card. Tarcisio Bertone in una Lettera indirizzata all’arcivescovo di Milano, card. Dionigi Tettamanzi, in occasione della Giornata per l’Università Cattolica.

“Minoranze creative – spiega citando Benedetto XVI – cioè uomini che (…) hanno trovato la perla preziosa, quella che da’ valore a tutta la vita, e, proprio per questo, riescono a dare contributi decisivi”. Senza, avverte Bertone, “non si costruisce niente”.

Ogni mio riferimento alla pubblicità italiana, nella quale i creativi sono diventati minoranza e la creatività quasi un’eresia, rispetto al “verbo” del business senza scrupoli (e proprio per questo, spesso senza costrutto per i clienti), è assolutamente voluto, cercato, tenacemente perseguito. Vedere alla voce: www.consorziocreativi.com Beh, buona giornata.

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“Striscia la notizia”, il Comune di Latina e la Polverini (nella parte di Alice nel Paese delle faide).

‘Striscia la notizia’ programma di Canale 5 spara in onda la guerra fratricida tra ex An ed ex Fi nel feudo Pdl di Latina.

Che si vede, ma soprattutto che si sente (una vera e propria intercettazione)? La neo-governatrice del Lazio Renata Polverini, festeggiata nel capoluogo pontino dal sindaco post-missino Vincenzo Zaccheo, a sua volta legato da cordiale inimicizia al senatore Claudio Fazzone, “colonnello” locale degli ex Forza Italia.

Ecco cosa si sono detti. «Ciao Vincè, mi raccomando, hai portato 4 voti, hai portato!». Zaccheo: «Ti voglio bene, guarda ci ho creduto. Ti devo dire una cosa: complimenti! Hai dimostrato di essere come me (!?): una donna tenace. Io ho lottato, guarda, io sono andato a nuoto per te. Sono andato a Ponza, a Ventotene. (…) Poi ho fatto… non ti dimenticare delle mie figlie!». Dice Polverini: «No, ma stai scherzando? Domani mi faccio il calendario, mi faccio un giro». Ed è qui che scatta l’altolà del sindaco: «Soprattutto ti prego: non appaltare più a Fazzone». E l’ altra: «No, no. Stai tranquillo». Zaccheo: «Ha perso 15mila voti». E Renata: «Ah bello!», urla, poi si accorge delle telecamere e si accuccia sull’interlocutore: «Non è che non ho chiare le cose come stanno».

Siccome a Latina e dintorni guardano ‘Striscia la notizia’ ecco che scoppia il caso: si dimettono tutti i consiglieri della maggioranza (Pdl), e pure quelli di minoranza (Pd e lista civica). Tutti a casa, la giunta non c’è più. Risultato: il Comune di Latina è stato commissariato dal Prefetto. Verranno convocate elezioni anticipate. Insomma, il sindaco Zaccheo è stato clamorosamente sfiduciato dai suoi amici-coltelli. La Polverini, no: come Alice nel Paese delle faide, pare abbia fatto finta di niente.

Vi ricordate ‘Quarto potere’, il primo lungometraggio diretto da Orson Welles? No? Fa niente. La notizia è che la tv in Italia scala la graduatoria, e diventa il primo potere: quello politico. C’è da star contenti. Beh, buona giornata.

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democrazia Media e tecnologia

La tv in Italia da quarto a primo potere: “Striscia la notizia” scioglie il comune di Latina (Lazio).

Dopo la messa in onda del video, trasmesso dal programma tv “Striscia la notizia” (Canale 5) nel quale si vede e si sente il dialogo tra Renata Polverini, neo presidente della Regione Lazio e il sindaco di Latina, i consiglieri di maggioranza (ex An ed ex Forza Italia) si sono dimessi. Lo stesso hanno fatto i consiglieri di minoranza. Il Comune di Latina verrà commissariato in attesa di nuove elezioni. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La matematica non è una scienza esatta, neanche più un’opinione. La matematica è una polemica.

di Marco Ferri-advexpress.it
La matematica non è una scienza esatta, neanche più un’opinione. La matematica è una polemica
15/4/2010
Un milione gli spettatori che avrebbero cambiato canale, giovani o anziani, laureati o diplomati. Questo il bilancio del primo anno di Augusto Minzolini alla guida del Tg1.

Lo dimostrerebbe la rielaborazione dei dati Auditel che il consigliere Rai Nino Rizzo Nervo presenterà al Cda di lunedì.

“È un fazioso e non sa leggere i dati”, ha detto il direttore del Tg1 del consigliere Rai.

“Un conto è il diritto di critica, anche aspra. Altra cosa sono gli insulti. Come presidente del consiglio di amministrazione della Rai, non posso tollerare che un direttore insulti un consigliere”, ha detto il presidente della Rai Paolo Garimberti.

In attesa di sapere se i conti tornano, cioè di scoprire se chi dice di aver ragione ha torto, e se chi ha torto magari ha ragione, la domanda è una, solo una: che in Italia gli scandali siano una opinione lo sapevamo da tempo. Ma mo’ pure la matematica è diventata un’opinione?

Se così è, ditecelo chiaramente, che magari aggiorniamo i libri scolastici dei bimbi delle elementari. E anche i listini Sipra. Grazie. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: il Sole24ore fa -24,7 milioni di euro. La pubblicità a -22,5%.

L’assemblea degli azionisti de Il Sole 24 Ore ha approvato il bilancio dell’esercizio 2009 e ha nominato i nuovi organi sociali. L’anno scorso il Gruppo ha totalizzato ricavi consolidati pari a 502,7 milioni di euro, rispetto ai 573 del 2008, con un mol negativo per 24,7 milioni di euro, rispetto ai 49,3 del 2008, e un risultato netto anch’esso negativo per 52,6 milioni di euro contro i 16,1dell’esercizio precedente.

System, la concessionaria di pubblicità vede una raccolta in calo del 22,5%. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Nielsen Media Research comunica che dopo l’aumento registrato a gennaio il mercato dell’advertising si conferma in crescita anche a febbraio. Abbiamo inventato la rilevazione “bimestrale”?

Nei primi due mesi dell’anno gli investimenti pubblicitari sono arrivati a sfiorare la soglia degli 1,3 miliardi di euro. La tv chiude il bimestre con una crescita del +4,9%, mentre sulla stampa l’advertising cala del -4,3%. Crescita dell’11%, invece, per la radio. Aumento rilevante anche per il cinema (+23,7%) e l’affissione (+27,0%), mentre internet registra un +3,8.

Nielsen Media Research comunica che dopo l’aumento registrato a gennaio il mercato dell’advertising si conferma in crescita anche a febbraio. Gli investimenti pubblicitari nel primo bimestre del 2010 sono cresciuti del +2,7% rispetto allo stesso periodo del 2009 arrivando a sfiorare la soglia di 1,3 miliardi di euro. Il dato è in parte dovuto al confronto con un periodo particolarmente duro come l’inizio del 2009, ma è da considerarsi comunque positivo. Il 2010 si è aperto con un buon andamento della televisione e con la tenuta dei quotidiani. Crescita a due cifre per radio, cinema e affissione. Aumenta il numero di aziende inserzioniste su tutti i mezzi ad eccezione della stampa.

La televisione, considerando sia i canali generalisti che quelli satellitari (marchi Sky e Fox), chiude il primo bimestre 2010 con una crescita del +4,9%, dovuta ad un aumento degli investimenti di molti settori importanti come alimentari (+10,8%), telecomunicazioni (+16,5%), farmaceutici (+10,4%). In calo invece la spesa pubblicitaria del settore automobili (-6,6%).

Sulla stampa l’advertising cala complessivamente del -4,3%, ma i risultati dei vari mezzi sono divergenti. Mentre i quotidiani a pagamento confermano l’inversione di tendenza di gennaio (+1,0% nel bimestre), la free-press (-6,7%) e soprattutto i periodici (-14,1%) sono ancora in difficoltà. Considerando soltanto la tipologia commerciale nazionale l’andamento dell’advertising sui quotidiani a pagamento è molto positivo (+9,8%). Ancora sui quotidiani a pagamento da sottolineare aumenti rilevanti per alcuni settori come telecomunicazioni e finanza/assicurazioni.

La radio registra uno dei migliori risultati tra i media principali con una crescita del +11,0%. Anche in questo caso forte aumento degli investimenti provenienti dalle aziende di telecomunicazioni e finanza/assicurazioni.

Aumento rilevante anche per il cinema (+23,7%) e l’affissione (+27,0%) mentre internet registra un +3,8%. Il direct mail chiude il bimestre con una leggera contrazione (-1,4%) mentre cresce l’advertising su transit (+10,6%), cards (+4,8%), out of home tv (dato non comparabile per aumento copertura sul mezzo).

Considerando la pubblicità commerciale nazionale su tutti i mezzi rilevati, i settori che aumentano maggiormente la spesa sono: toiletries (+32,7%), telecomunicazioni (+21,2%), mentre tra i settori principali segnaliamo il calo delle automobili (-5,8%).

Nel periodo gennaio-febbraio 2010 il numero di aziende inserzioniste è in crescita sulla tv (+15,3%), sulla radio (+13,7%), in affissione (+10,6%), cinema (+22,5%) e su internet (+22,5%) mentre è in calo sulla stampa (-4,9%). Ferrero, Wind, Vodafone, P&G, TIM sono i primi 5 inserzionisti.

Da gennaio 2010, Nielsen ha ampliato la copertura dell’out of home tv. Agli investimenti pubblicitari sulle televisioni degli aeroporti e della metropolitana di Telesia, si sono aggiunti quelli sugli schermi presenti nelle principali catene di elettronica di consumo gestiti da Neo Advertising.

Importante novità anche per il transit. Da gennaio 2010 (con i dati storici a partire da gennaio 2009) alla pubblicità dinamica gestita da IGPDecaux su metropolitane, aeroporti, autobus e tram, si aggiungono i prodotti che si rivolgono ad un target in movimento gestiti da Clear Channel e CBS Outdoor. Segnaliamo, infine, l’entrata nella rilevazione internet di sette nuove concessionarie dichiaranti con i dati retroattivi a partire dal gennaio 2009. (beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Questa è una buona notizia.

di Alessandra Baldini-ANSA
NEW YORK – Un sito online espugna il Pulitzer, il più prestigioso premio di giornalismo nato nel 1917 per la carta stampata. Propublica, un gruppo di reporter sul web nato tre anni fa nella tradizione del grande giornalismo investigativo alla Carl Bernstein e Bob Woodward, ha vinto un riconoscimento per una inchiesta sugli ospedali dopo il passaggio del’uragano Katrina. Missione dei segugi di Propublica, guidati dall’ex direttore del Wall Street Journal, Paul Steiger, e finanziati dai milioni dei filantropi californiani Herbert e Marion Sandler, è di mettere i loro scoop gratis al servizio dei giornali – nel caso specifico il servizio su Katrina fu pubblicato dal Magazine del New York Times – in grado di dar loro la massima cassa di risonanza. I temi di un’iniziativa non di parte e non ideologica sono quelli del pubblico servizio, per far luce sullo sfruttamento dei più deboli e su quanti, con le loro azioi, tradiscono la fiducia del pubblico.

Per Steiger è il 17esimo Pulitzer dopo i 16 vinti al timone del Wall Street Journal. E’ dall’anno scorso che la giuria del Pulitzer ha aperto all’online: nel 2009 però nessun sito era arrivato ad conquistare il prestigioso premio. Quest’anno i giurati avevano aperto un altro spiraglio, ammettendo in concorso il tabloid da supermercato National Enquirer: il settimanale, che aveva fatto lo scoop della figlia segreta dell’ex candidato alla Casa Bianca John Edwards, non è però riuscito a strappare l’assegno da 10 mila dollari che accompagna il riconoscimento. Hanno fatto invece manbassa di premi – annunciati alla Columbia University di New York – famosi nomi della carta stampata: il Washington Post ha vinto quattro premi, tra i quali uno per i servizi sulla guerra in Iraq, e il New York Times tre, di cui uno per un’inchiesta sulla carne contaminata e l’altro sui pericoli causati dall’uso dei cellulari mentre si guida.

Il premio per il giornalismo di servizio pubblico è andato al piccolo Bristol Herald Courier della Virginia meridionale, 29 mila copie di tiratura, per aver rivelato quante aziende del settore energetico non pagano le royalties sui diritti di trivellazione. Paul Harding ha vinto il premio per la fiction con il romanzo ‘Tinkers’, mentre il premio per il miglior dramma teatrale è andato al musical ‘Next to Normal’ di Tom Kitt, libretto di Brian Yorkey. Liqauat Ahamad ha vinto per la storia con un libro su ‘I Signori della finanza: i banchieri che hanno spezzato il mondo’, mentre il premio per la biografia è andato a una storia della vita di Cornelius Vanderbilt di T.J. Stiles. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

La creatività, l’anello mancante tra le agenzie di pubblicità e i clienti.

di Marco Ferri-Cappuccino&Cornetto-advexpress.it
Sono state rese note le prime immagini dell”Australopithecus sediba’, il fossile di bambino ritrovato in Sud Africa, che promette di svelare il segreto dell’evoluzione umana. La scoperta è stata fatta dal professor Lee Berger dell’università di Witwatersrand a Johannesburg e potrebbe rivelarsi il sogno di ogni antropologo: ovvero aver scoperto “l’anello mancante” tra l’uomo e le scimmie.

Lo scheletro ritrovato comprende un bacino e arti interi che possono rivelare se la nuova specie camminava in posizione verticale o su quattro zampe. Le ossa delle mani potrebbero invece fornire il primo indizio in merito a quando gli esseri umani abbiano imparato la capacità di tenere i primi attrezzi in pietra.

Siamo invece ancora in attesa di scoprire l’anello mancante tra un CEO della pubblicità italiana e la realtà del mercato della comunicazione commerciale.

A lungo si è pensato che l’anello mancante fosse la creatività. Ma siccome alle Agenzia di pubblicità italiane attualmente manca “l’anello mancante” si aspettano ulteriori sviluppi. Magari “in controtendenza con l’andamento del mercato”. Il fatto è che se dell”Australopithecus sediba’ viveva nell’Età della Pietra, questi qui vivono nell’era dei “Culi di Pietra”. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: Le Monde porta i libri in tribunale?

FRANCIA: LE MONDE IN CRISI, IN SOCCORSO L’ESPRESSO E PRISA-Agi
Terremoto a Le Monde. La bibbia della ‘gauche au cachemire’ e’ ad un passo dalla bancarotta. In suo soccorso potrebbero accorrere l’Espresso, di Carlo De Benedetti e la spagnola Prisa, editrice di El Pais. E’ quanto scrivono i media d’oltralpe citando il sito Rue89.com secondo cui una crisi di liquidita’ potrebbe costringere Le Monde a portare i libri in tribunale a luglio. L’Espresso, che possiede il 3% del quotidiano potrebbe salire al 17 e Prisa, ora al 15% passerebbe al 34%. Cosi’ facendo la maggioranza non sarebbe piu’ controllata dai redattori di Le Monde . Beh buona giornata.

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