Categorie
Attualità Cultura Società e costume

3DNews/IL LADRO DI CANZONI e L’EFFETTO SCAJOLA.

di Giulio Gargia
Domani, martedi 22 novembre, esce il nuovo disco di Berlusconi – Apicella, con un titolo classicamente da telenovela : “ Il vero amore ”. E peraltro , a differenza che in politica, in musica l’ormai ex premier non sembra affatto ansioso di essere originale.
11 canzoni, con il brano portante Cascasse il mondo ( visionario e profetico, qualche mese fa…) Scritti negli ultimi 2 anni, tra una Minetti e l’altra, le canzoni godono poi di un arrangiatore prestigioso, Angelo Valsiglio, che ha lavorato con grandi nomi della musica pop come Laura Pausini e Eros Ramazzotti. Speriamo gli vada meglio che a Rino Giglio, suo collega autore, che, all’epoca del primo disco del duo Mariano – Silvio, “ E’ meglio una canzone” , fu costretto a denunciare ai giornali il vero e proprio plagio che l’allora premier aveva fatto dei suoi testi, per poi raccontare a Vespa che lui, Silvio, “ componeva in napoletano”. Recuperata l’ennesima gaffe alla sua maniera, ovvero pagando, Berlusconi si è preoccupato poi di depositare le canzoni alla SIAE con il suo nome . ( Leggi il fumetto sull’argomento sul numero 37 del 2010 di 3D, su www.3dnews.it )
Ma non è l’unica disavventura del nostro in tema musicale. “Meno male che Silvio c’è”, inno ufficiale del Pdl, usa gli stessi accordi e ritmica di “Chiama piano”, una canzone cantata vent’anni fa da Pierangelo Bertoli e Fabio Concato .

L’autore di “Meno male che Silvio c’è” sarebbe Andrea Vantini, che ebbe l’idea guardando una trasmissione di Santoro. Almeno così lo racconta al Corriere. Il brano sulle prime non sfonda, ma poi , caduto Prodi, prese piede nei comizi del PdL e divenne il nuovo inno. Chissà se l’ex premier e i suoi coristi sanno di cantare le note di uno dei più arrabbiati cantautori “ comunisti” degli anni 90.
A occhio, si direbbe di no. Se gli hanno rubato la musica, lo hanno fatto a loro insaputa. Dev’essere l’effetto Scajola.

3DNews, Settimanale di Cultura, Spettacolo e Comunicazione
Inserto allegato al quotidiano Terra. Ideato e diretto da Giulio Gargia
In redazione: Arianna L’Abbate – Webmaster: Filippo Martorana

Share
Categorie
democrazia Politica Società e costume

Grande il consenso verso Monti, ma i problemi che deve affrontare sono ancora più grandi.

Pdl al 24%. L’Udc vola al 10%, il Pd oltre il 29%. Il consenso personale del Professore, secondo i dati Demos, raggiunge addirittura l’84 per cento. Ok anche dal 60 per cento degli elettori leghisti. Due su tre considerano il nuovo esecutivo una “eccezione democratica”, ma per l’80 per cento deve durare fino a fine legislatura
di ILVO DIAMANTI-repubblica.it

(……) Da ciò derivano i rischi, per questo governo e per Monti. Accolti dal più elevato livello di fiducia misurato nell’era dei sondaggi.
1) Perché attese tanto elevate espongono alla delusione e alla frustrazione. Suscitano impazienza. Mentre problemi tanto seri – che hanno radici lontane e aggravati nel corso dei decenni – non si risolvono in tempi brevi. Né possono produrre effetti visibili immediati.
2) Perché problemi tanto seri richiederanno costi sociali elevati. Ed è difficile giustificare costi sociali elevati senza effetti sociali ed economici visibili, nel breve periodo.
3) Perché, quando si parte dall’80%, anche il 70% di fiducia rischia di apparire un “calo” di consensi.
4) Perché questo governo “tecnico” ha compiti profondamente “politici” e dipende dal consenso “politico” di un Parlamento dove operano partiti deboli (anche se in diversa misura).
5) Perché, infine, ci siamo lasciati alle spalle la Seconda Repubblica, ma (per citare Berselli) di fronte c’è una “Repubblica indistinta”. Il governo tecnico, guidato da Monti, non può disegnarne il modello istituzionale. Non è suo compito. D’altronde, un’eccezione democratica non può diventare normale. Può, tuttavia, proporre almeno un diverso stile di governo e di comportamento “personale”. Traghettarci oltre la “politica pop”. In una Terra dove la competenza e la decenza abbiano cittadinanza. (Beh, buona giornata)

Share
Categorie
Attualità democrazia Politica Società e costume

Elezioni in Russia: Putin scopre il bungabunghismo?

(fonte: ANSA)

Russia Unita, il partito del premier Vladimir Putin, si affida a un video sexy per conquistare voti per il rinnovo del Parlamento previsto il 4 dicembre: una bella modella in un seggio invita un giovane a seguirla. Quindi appare la scritta ”Facciamolo insieme”, mentre l’inquadratura si sofferma sui piedi della coppia. I due poi escono insieme e depositano la scheda. Il video ha scatenato polemiche per i contenuti e perche’, per alcuni, crea confusione, perche’ il voto deve restare segreto. Prima Putin ha contagiato Berlusconi, adesso Berlusconi ha contagiato Putin? Speriamo il contagio arrivi fino a provocare le caduta del nuovo zar.
Ecco lo spot bungabunghismo di Putin: http://video.repubblica.it/mondo/amore-in-cabina-polemiche-per-lo-spot-di-putin/80561/78951?ref=HREV-5

Beh, buona giornata.

Share
Categorie
business Cinema Società e costume

3DNews/LA BIBBIA DELLO SPECULATORE FINANZIARIO.

LA BIBBIA DELLO SPECULATORE FINANZIARIO
Wall Strett dixit
citazioni dal film di Oliver Stone

Il futuro è ieri, tra cinque minuti storia… alle quattro sarò un dinosauro!

Il più ricco 1% del paese possiede metà della ricchezza del paese, 5 trilioni di dollari. Un terzo di questi viene dal duro lavoro, 2/3 dai beni ereditati, interessi sugli interessi accumulati da vedove e figli idioti, e dal mio lavoro, la speculazione mobiliare-immobiliare. È una stronzata, c’è il 90% degli americani là fuori che è nullatenente o quasi. Io non creo niente, io posseggo.

Informazioni, non m’importa come, non m’importa dove le ottieni… ottienile… tu mi devi stupire!

Tutto in guerra si basa sull’inganno: se il tuo nemico è superiore eludilo, se è irato irritalo, se è di pari forza lotta, altrimenti sparisci e riconsidera.

Il denaro c’è ma non si vede: qualcuno vince, qualcuno perde. Il denaro di per sé non si crea né si distrugge. Semplicemente si trasferisce da una intuizione ad un’altra, magicamente.

Il denaro non dorme mai.

lo sono in questo business dal ’69. I più di questi laureati di Harvard non valgono un ca**o. Serve gente povera, furba e affamata, senza sentimenti. A volte vinci, a volte perdi, ma continui a combattere. E se vuoi un amico, prendi un cane.

È tutta una questione di soldi, il resto è conversazione.

Noi facciamo le regole: le notizie, le guerre, la pace, le carestie, le sommosse, il prezzo di uno spillo. Tiriamo fuori conigli dal cilindro mentre gli altri, seduti, si domandano come accidenti abbiamo fatto. Non sarai tanto ingenuo da credere che noi viviamo in una democrazia: vero, Buddy? È il libero mercato, e tu ne fai parte: sì, hai quell’istinto del killer…

°Rispettando le agitazioni sindacali in atto al quotidiano TERRA, questa settimana 3D uscirà solo sul web. Saremo in rete sui siti www.3dnews.it, www.ildiariodilosolo.com, www.marco-ferri.com a partire dalle 24 di oggi.

3DNews, Settimanale di Cultura, Spettacolo e Comunicazione
Inserto allegato al quotidiano Terra. Ideato e diretto da Giulio Gargia.
In redazione: Arianna L’Abbate – Webmaster: Filippo Martorana.

(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Società e costume

3DNews/ Satira.

di Michele Fusco

Rovine fumanti d’inizio millennio si abbattono sui destini amari di chi, per un verso o per l’altro, ha piegato la sua vita sulla vita altrui, meglio su UNA vita altrui, quella di S.B . In questo momento, in cui milioni di lutti si elaborano ed esistenze intere si spezzano senza ritorno, ci piace immaginare, con il sorriso sulle labbra, la vita prossima futura di chi, al Cavaliere, ha dedicato persino più dell’impegno, mettendoci cuore, fegato e una parte, decisamente maggioritaria, della propria fama. Come vedrete, ognuno ha preso strade diverse, ma tutti, inesorabilmente, lo rimpiangono.

MARCO TRAVAGLIO – Da anni, i colleghi gli fanno credere che Il Fatto Quotidiano esca regolarmente in edicola. L’eroico direttore Padellaro, ormai sull’orlo di una crisi di identità, insieme a una pattuglia di ex giornalisti della testata, organizza quotidianamente una messinscena degna della Stangata: riunione la mattina, esame della situazione politica, quantità di pezzi da produrre contro il Cavaliere, e poi colonnino storico da destinare al grande Marco nazionale. Non si sa sino a quando il castello reggerà, ma tutti sono impegnati in uno sforzo titanico pur di non rivelare l’amara verità all’amato editorialista. Il quale, peraltro, in un colloquio piuttosto agitato con Padellaro, si è lamentato per lo scarso impegno dei “giudiziari”, che a suo dire batterebbero la fiacca su Berlusconi (da quel momento, il direttore si è visto costretto a chiedere a tre vecchi amici di spacciarsi per magistrati e telefonare ogni mattina in redazione). C’è però un elemento sospetto che ha generato in Travaglio una certa perplessità: come mai nessuno tra i destinatari dei suoi pezzi gli ha ancora risposto?
EMILIO FEDE – Esaurita la travolgente esperienza di migliore amico di S.B., il nostro direttore è stato subito cooptato nel consiglio di amministrazione dei casinò di Las Vegas, dove tiene corsi intensivi per giovani spogliarelliste. Nel frattempo, ha messo a segno un vero e pieno successo letterario con il trattatello liberale «Come spolpare un vecchio bavoso e vivere felici», autentico best seller arrivato ormai alla settima edizione, il cui ricavato, peraltro, gira meritoriamente alla onlus «Fondazione Olgettina». Fa ancora le vacanze in Italia, paese in fondo a cui deve tutto, e ogni tanto ripassa da Milano 2 dove gli anziani pensionati del Tg4 gli organizzano piccole festicciole a tema. L’ultima, dal titolo «Farò di te una Meteorina», lo ha particolarmente commosso. Oltre a una dignitosa pensione, Fede ha diversificato gli investimenti, avendo acquistato, insieme a Lele Mora, un banco di grattachecca sul Lungotevere Mellini, a Roma. Tra i due, ultimamente, è sceso un po’ di gelo: Lele sospetta che Emilio gli faccia la cresta sullo sciroppo al tamarindo.

Tutto il racconto completo su www.linkiesta.it

°Rispettando le agitazioni sindacali in atto al quotidiano TERRA, questa settimana 3D uscirà solo sul web. Saremo in rete sui siti www.3dnews.it, www.ildiariodilosolo.com, www.marco-ferri.com a partire dalle 24 di oggi.

3DNews, Settimanale di Cultura, Spettacolo e Comunicazione
Inserto allegato al quotidiano Terra. Ideato e diretto da Giulio Gargia.
In redazione: Arianna L’Abbate – Webmaster: Filippo Martorana.

(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Media e tecnologia pubblicato su 3DNews, Società e costume

3DNews/Fiorello ci prova con twitter e il social show.

Fiorello ci prova con twitter
Social show

Per la prima volta in prime time un mix tra il varietà, il web e i social network
di Lorenza Fruci

Per chi è poco social e poco network, sapere che Fiorello tornerà in Rai dopo 7 anni con il primo “social show” sembra non avere rilevanza. Di fatto però, dopo “#Il più grande spettacolo dopo il weekend”, la tv avrà fatto un altro piccolo passo verso il cambiamento anche per anche per quelli che “Io facebook mai!”.

Oltre ad essere l’evento più importante del palinsesto autunnale, il nuovo programma di Fiorello -che inizierà il 14 novembre e per ora andrà avanti per quattro lunedì- è stato presentato in conferenza stampa come il primo esperimento di commistione in prima serata tra il varietà, il web e i social network.

Lo stesso cancelletto presente nel titolo viene dal web e in particolare da twitter, il sociale network con il quale Fiorello ha realizzando (intenzionalmente?) la campagna pubblicitaria più significativa per il suo ritorno in Rai.

I video della rassegna mattutina con l’edicolante, i commenti, le foto, le notizie relative allo show in costruzione hanno viaggiato sul web in maniera velocissima e senza filtri. Altro che teaser: in due mesi Fiorello ha raccolto oltre 86.000 followers e 100 di questi li porterà anche in tv…, praticamente roba da esperti di marketing.

La sua frequentazione di twitter è stata capace di creare grande attesa e coinvolgimento anche da parte degli utenti del web, confermando l’idea che l’ultima frontiera/salvezza della tv sia la sua interazione con internet, intesa sia come commistione tra media che nuova comunicazione tra e per diverse utenze. L’aspetto più interessante della relazione tra questi due mezzi resta però l’influenza tra i loro linguaggi: lo stesso Fiorello ha dichiarato che molti dei monologhi che proporrà durante il suo nuovo show sono stati ripetutamente accorciati perché non aveva senso parlare ininterrottamente per oltre 10 minuti.

Non è forse questo un pensiero influenzato dalla sintesi di twitter che non permette di usare più di 140 caratteri? Anche la tv per comunicare con il mondo che è fuori dal suo schermo deve imparare a parlare il linguaggio del web e dei social network. A detta di Fiorello “#Il più grande spettacolo dopo il weekend”, che è stato ideato con Giampiero Solari come un omaggio alla tradizione dei grandi varietà anni 60-70 (non a caso si svolgerà presso lo studio 5 di Cinecittà), sarà un “social network varietà”. Ben venga quindi un nuovo genere di una tv che guarda verso il futuro, le cui parole d’ordine siano sintesi, velocità e interattività.

Ma interattività è anche sinonimo di imprevedibilità che non va proprio d’accordo con le scalette televisive: qui entra in gioco il discorso dell’identità del web che non può entrare in tv senza perdere qualcosa di sé, cioè la partecipazione diretta.

Il noto McLuhan diceva che “il medium è il messaggio” e nel caso della televisione si tratta di un mezzo che conforta, consola, conferma e “inchioda” gli spettatori in una stasi fisica e mentale poiché favorisce lo sviluppo di una forma mentis non interattiva, al contrario di internet e di altri ambienti comunicativi a due o più sensi. Dunque, se la sfida oggi è quella di portare il web in tv e di far convivere i due mezzi, aspettiamo di vedere se ci sarà riuscito, e in che modo, Fiorello e la sua squadra.

°Rispettando le agitazioni sindacali in atto al quotidiano TERRA, questa settimana 3D uscirà solo sul web. Saremo in rete sui siti www.3dnews.it, www.ildiariodilosolo.com, www.marco-ferri.com a partire dalle 24 di oggi.

3DNews, Settimanale di Cultura, Spettacolo e Comunicazione
Inserto allegato al quotidiano Terra. Ideato e diretto da Giulio Gargia.
In redazione: Arianna L’Abbate – Webmaster: Filippo Martorana.

(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Marketing Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

Think boldly, il nuovo logo di ConsorzioCreativi.

20111029-165924.jpg

Questo è il nuovo logo di ConsorzioCreativi, che è anche il claim e il pulsante del nuovo sito. La mission è sintetizzata dalla seguente definizione: comunicazione, pubblicità e marketing di alto valore, senza spargimento di costi. ConsorzioCreativi ha appena lanciato on line la nuova versione del suo sito, rinnovato nella grafica e nei contenuti. Nell’editoriale di oggi, apparso su consorziocreativi.com/blog vengono illustrate le linee guida del nuovo sito. Beh, buona giornata,

Share
Categorie
business Marketing pubblicato su advexpress.it Pubblicità e mass media Società e costume

Roma, apre lo store chiude la città.

L’ apertura di uno store Trony ha bloccato Roma per ore. Ottomila persone che hanno fatto la coda anche di notte in cerca di iPod a prezzi stracciati, di lavatrici a 69 euro, di tv ultima generazione a costi irripetibili, hanno messo in ginocchio mezza Roma, paralizzando due consolari, la Cassia e la Flaminia, la Tangenziale e un nodo stradale strategico come Tor di Quinto, perennemente intasato dalle sette alle dieci di ogni mattina.

Questa è la notizia, alla quale si possono aggiungere una vetrina in frantumi, qualche accenno di rissa, un certo numero di spintoni.

In genere, la ressa all’inaugurazione di un mega store è una buona pubblicità per i grandi marchi della distribuzione. Ma stavolta si sono superati i limiti. Per via del non funzionamento dei sensori sul territorio, con i quali sarebbe stato facile non solo prevedere la grande affluenza, ma gestire con intelligenza anticipatoria gli effetti sulla viabilità in particolare, sull’ordine pubblico in generale.

Qualcuno dirà: questi sono compiti che spettano all’amministrazione delle città, dunque alla politica. È vero. E infatti le polemiche sono già cominciate. Al di là delle quali c’è una semplice constatazione: se ottomila persone bloccano una città di tre milioni di abitanti, beh è impossibile non vedere che c’è più di un qualche problema di efficienza.

Ma qui vorremmo occuparci del rapporto tra un grande brand come Trony e il territorio in cui svolge la propria attività. Ponte Milvio è un antico quartiere di Roma e non meritava certo di essere strapazzato in quel modo. E qui, forse, è il brand che deve saper agire in supplenza delle macroscopiche carenze che si sono verificate a Roma. Perché altrimenti il successo dell’inaugurazione diventa controproducente alla reputazione del brand.

“La gente è fuori di testa, si accapigliano per un mega sconto”, si sente dire. E anche questo non è del tutto giusto: che male c’è a voler risparmiare? Proprio niente, men che meno di questi tempi.

E allora, anche ob torto collo, sarebbe meglio autodisciplinare gli eventi di questo tipo, magari scegliendo giorni e orari che non impattino improvvisamente sulla vita di tutti i giorni; magari diluendo e rilasciando gli sconti, spalmati su più appuntamenti. Anche per il semplice fatto di non essere l’involontaria causa scatenante di ingorghi, tumulti e disagi.

A volte la responsabilità sociale di una marca si misura nella capacità di saper agire in previsione dei comportamenti altrui. Quelli istituzionali, ma anche quelli individuali. Per poi, magari, fare una campagna che dica: i clienti Trony? Non ci sono paragoni. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
business Dibattiti Marketing Pubblicità e mass media Società e costume

I consumi delle famiglie ai tempi della crisi.

(fonte:advexpress.it)

Secondo una ricerca di Gfk Eurisko, commissionata da Famiglia Cristiana, per 81 famiglie su cento in Italia non si stanno gettando le basi per il futuro. Per 69 su cento nel Paese “manca una visione condivisa sulle cose da fare”. Per 52 su cento da noi “si vive peggio rispetto agli altri Paesi europei”. “La crisi è ormai percepita non come evento passeggero, ma come un dato strutturale e le aspettative per il futuro sono decrescenti”, ha sottolineato Minoia, presidente onorario di Gfk Eurisko.

In positivo l’indagine dice che la famiglia tiene come istituzione di riferimento all’interno del Paese, conferma la propria centralità indiscussa e una salda vocazione civica, tutt’altro che corporativa o particolaristica. E’ un contenitore di valori etici e simbolici. Svolge una funzione fondamentale quale serbatoio di risorse economiche e finanziarie per costruire il futuro di figli e nipoti e costituisce un elemento di sostegno sociale determinante che spesso si fa carico di supplire delle carenze delle agenzie politiche e sociali.

Sul piano dei consumi, elaborando valori e scelte d’acquisto sempre più ragionate, innovative ed intelligenti, la famiglia italiana si conferma un interlocutore fondamentale per l’industria di marca. Dall’analisi emerge una riaffermazione proprio dei valori tipici delle grandi marche che, nonostante la congiuntura negativa, mantengono la loro attrattiva e il loro valore segnaletico a discapito dei prodotti anonimi.

La fedeltà alla marca preferita resta alta: non a caso calano sensibilmente le persone che si riconoscono nell’affermazione “una marca vale l’altra” quando si parla di qualità, valore, sicurezza. In un contesto di riduzione del potere d’acquisto dei salari, inevitabilmente, cresce l’attenzione delle famiglie per il prezzo e quindi l’attenzione per il prodotto di marca venduto in promozione.
“La crisi e la perdita del potere d’acquisto non pregiudicano il rapporto dei consumatori con le grandi marche”, conferma Minoia, “ma ne riconfigurano le modalità di accesso”. Non a caso i brand industriali generano il 70 per cento dei consumi: è il dato più alto registrato nei Paesi europei.

“Nel contesto di riscoperta e riaffermazione dei valori descritti nell’indagine di Gfk Eurisko”, rileva Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, “trova spiegazione la tenuta della Marca, anche in una fase di grave difficoltà economica delle famiglie che avrebbe potuto far temere un suo declino. E’ proprio nell’insieme dei suoi valori, non solo merceologici o mercatistici, ma anche di responsabilità e di rigore nel senso più ampio, che la marca trova forza. In sintesi, nella sua “reputazione”.

Fin qui la ricerca. C’ è da sottolineare, però un passaggio: se la marca vince nelle promozioni, cioè con un politica commerciale basata sul ribasso dei prezzi, vuol dire che la fedeltà non è dovuta alla qualità, ma alla convenienza. Per dirla in altri termini: compro quello che costa meno, se è di marca, sono più tranquillo. Se le marche riusciranno a resistere, riusciranno a difendere la la fedeltà. Fino a quando? La risposta a questa domanda, ancorché capziosa, è la fotografia molto nitida della crisi. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

Steve Jobs, l’uomo che pensava differente.

Steve Jobs ci ha messo nella condizione di essere tutti all’altezza della sua visione del mondo. Grazie al lancio di Macintosh e all’invenzione del mouse, il mondo andò oltre le barriere, cinque anni prima della Caduta del Muro di Berlino.

Con iMac pensammo differente la fruibilità di Internet. Con iPhone fummo catapultati dal web all’era dei social network, prima dello sviluppo logaritmico di Facebook. Con l’IPod la musica è diventata la personale colonna sonora di ogni giorno, per tutti.

Con iPad siamo stati spinti nell’era digitale, in anticipo di almeno dieci anni sulla capacità di evoluzione della stampa di libri e giornali.

Difficile pensare che Steve Jobs non ci sia più, quando abbiamo in tasca, come fosse la cosa ormai più naturale del mondo le sue idee, felicemente trasformate in prodotti per la comunicazione, con le quali parliamo, fotografiamo, filmiamo, scriviamo, ascoltiamo musica, guardiamo film e tv. E per farlo, siamo costretti a pensare in modo differente circa le nostre capacità tecnologiche.

Oggi che sappiamo come condividere idee, pensieri, emozioni ci sentiamo tutti visionari come lui, proprio grazie a lui. Una cosa gli dobbiamo: continuare a pensare differente. Ne abbiamo gli strumenti. Facciamoci venire buone idee. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità Società e costume

SlutWalk, il movimento neo-femminista contro il maschilismo di ritorno.

(da repubblica.it)

Un centinaio di donne ha animato a Parigi una SlutWalk, letteralmente ‘marcia delle sgualdrine’ una delle manifestazioni che, iniziate nell’aprile 2011 a Toronto, sono assurte a movimento di protesta in tutto il mondo contro il sessismo e la violenza sessuale alle donne.

Vestite con abiti provocanti, molte le scollature e le minigonne, le manifestanti parigine hanno sfilato sotto il sole dietro ad uno striscione su cui campeggiava la scritta; “No è no. Uno stupro non è mai né consentito, né provocato e non è mai la colpa della vittima!”.

“Sono qui perché ne ho abbastanza dei commenti sgradevoli degli uomini per strada quando mi vesto bene e del fatto che alle serate ti ritrovi una mano sul sedere. Siamo donne, abbiamo seno e sedere e non abbiamo ragione di nasconderli”, ha dichiarato una delle partecipanti alla manifestazione.

“Nessuna forma di stupro è accettabile, giustificabile o tollerabile. Devono anche smettere di dirci come dobbiamo vestirci”, le ha fatto eco un’altra animatrice di questa marcia parigina. “La vicenda di Dominique Strauss-Kahn ha rivelato la misoginia della nostra società”, ha commentato Gaelle Hym, responsabile dell’organizzazione SlutWalk France, riferendosi all’arresto lo scorso maggio dell’ex numero uno dell’Fmi per un crimine sessuale contro una cameriera a New York. La vicenda ha rilanciato il dibattito sulle relazioni fra i sessi, il potere e il machismo in Francia.

Il movimento delle SlutWalk è nato quando l’agente Michael Sanguinetti, un ufficiale della polizia di Toronto, ha suggerito che per essere al sicuro, “le donne dovrebbero evitare di vestirsi come sgualdrine”, parola quest’ultima che in inglese si traduce ‘slut’. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Media e tecnologia Società e costume

Sergio Bonelli, la cultura a fumetti.

Sergio Bonelli è morto. Tex Willer vive. E con lui tutti i personaggi inventati proprio da Sergio Bonelli: primo fra tutti, per numero di copie vendute, Dylan Dog.

Ma se Tex vive, allora Sergio Bonelli non è morto, forse è solo un artificio della sceneggiatura, magari ritorna alla prossima puntata. Il fatto è che siamo tutti debitori del grande ingegno di Bonelli. Abbiamo amato i suoi personaggi, che sono riusciti ad entrare nelle nostre passioni. All’inizio, addirittura, leggere Tex era quasi una trasgressione. Succedeva che il professore scopriva il compagno di scuola con Tex mimetizzato dentro il libro di antologia latina. E magari glielo sequestrava, e tutti pensavamo, ecco così se lo legge lui.

I genitori, preoccupati delle distrazioni dai compiti a casa, rampognavano sempre di lasciar stare quei “giornalini”. Già, i giornalini: diminutivo spregiativo di giornali, che, come un rito che si officiava in edicola, venivano acquistati e letti dal capofamiglia e solo dopo sfogliati dagli altri famigliari. Beh, oggi che è tutto cambiato, che smartphone, computer, tv, internet hanno sostituito l’armamentario trasgressivo degli adolescenti, Tex Willer e soci potrebbero sembrare pezzi di modernariato, per non dire di antiquariato. E invece non è così.

Tex Willer e gli altri eroi e antieroi della Sergio Bonelli Editore continuano a macinare copie, un fenomeno fuori dall’ordinario in questa Italia spesso furbastra e cialtrona: vendono tanto e sono di qualità. Pazzesco, no? Perché sono sceneggiati bene, perché c’è tanto da leggere, perché sono disegnati con cura, perché via via negli anni si sono rinnovati gli stili. Tex Willer, poi è di una attualità a dir poco mozzafiato: si batte per la legalità, il che di questi tempi è alquanto eversivo. Poi, oltre che ranger, è un capo indiano, e non pago, col nome di Aquila della Notte, Tex ha pure sposato una squaw da cui ha addirittura avuto un figlio, Kit. Vi renderete conto ci sarebbe stato più di un motivo per cacciare dalla Padania Sergio Bonelli e tutti la banda dei suoi personaggi.

“Tizzone d’inferno”, impreca Tex quando scopre che qualcuno è marcio fino al collo. “Giuda ballerino”, intercala Dylan Dog, investigatore dell’occulto, al quale bello sarebbe chiedere di investigare a fondo il motivo occulto per cui a noi italiani è dovuto toccare in sorte un governo incapace di gestire la grave crisi economica che stiamo subendo. Certo che se Cicchitto, Gasparri, Capezzone e company scoprissero che l’assistente di Dylan Dog si chiama Marx (Karl o Graucho, quelli non vanno per il sottile), capace che inserirebbero un emendamento nella legge “bavaglio”, per chiudere la bocca, dopo alle intercettazioni e ai blog, anche alla Sergio Bonelli Editore.

Si sono letti elogi all’opera culturale di Bonelli. Succede spesso quando sono “sempre i migliori che se ne vanno”. Però, dietro la retorica da funerale e l’enfasi da epitaffio affiorano alcune verità, che si sono tramandate almeno da tre generazioni di lettori italiani: quando un prodotto editoriale è fatto con cura e amore, cioè fatto bene; quando è scritto, disegnato, confezionato e distribuito con attenzione verso i lettori, allora il successo è in agguato, come lo è sempre stato nei fumetti di Bonelli.

Invece che cercare facili scorciatoie editoriali, invece che fare i furbi con contenuti sciatti, nella speranza di raggiungere “un vasto pubblico” dovremmo seguire, anche noi pubblicitari, il percorso tracciato con la penna e la matita da Sergio Bonelli. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
democrazia Potere Società e costume

Le macerie del berlusconismo e l’Italia in piena crisi: siamo un popolo di sadomasochisti?

L’ultimo episodio di sadomasochismo si è verificato grazie una associazione dei consumatori che ha chiesto la testa della Dandini e la chiusura di Rainews24. Non si capisce il nesso. Forse si annoiavano e non avendo più l’età per andare in giro a suonare ai citofoni, hanno mandato un comunicato alle agenzie di stampa.

Non importa che Dandini lavori su Rai Tre, la stessa rete che ha inventato un famoso programma dedicato alla difesa dei consumatori, nato molto prima che prendessero forma in Italia le associazioni dei consumatori. Non importa nemmeno che Rainews24 sia una testata giornalistica: chiedere la chiusura di un giornale non è esattamente il massimo esercizio della democrazia, per cui non si capisce che vantaggio ne avrebbe chi si dichiara paladino dei diritti dei cittadini.

Fatto sta che l’aria che tira è scema. Il sadomasochismo dilaga. Che fa quell’igenista dentale promossa consigliera regionale per meriti non esattamente politici? Ti va in giro per il centro di Milano con su scritto sulla t- shirt: “senza sono meglio”. Proprio quello che ci vuole per dimostrare di essere un amministratore pubblico serio e competente.

Massimo D’Alema se ne esce con una castroneria sullo nozze gay, tanto per dimostrare che il Paese è pronto a essere governato da un centrosinistra moderno, all’altezza delle aspettative di Paesi evoluti come la Germania, tanto per citarne uno molto evocato in questi frangenti di crisi del debito.

A proposito di crisi, succede che qualche giorno fa il cardinale Bagnasco, quello che indossa la papalina come se fosse un elmetto, dice che è uno scandalo evadere le tasse. Apriti cielo, una bella gaffe, tanto per ricordare a tutti i privilegi fiscali regalati al Vaticano dal governo in carica.

Tra i sadomasochisti più famosi del momento, ecco il ministro Tremonti, che contro la Cina ci ha pure scritto un libro, darsi da fare per appioppare a Pechino qualche tonnellata di nostri titoli di Stato, scoprendo che a quelli importa un fico, interessano invece Eni, Enel e Finmeccanica. Con buona pace della Lega.

E poi c’è lui, il sadomasochista per antonomasia: va in Europa a spiegare una manovra finanziaria che l’Europa gli aveva dettato, parola per parola. Con un guizzo di autolesionismo politico, a Bruxelles sproloquia contro l’opposizione italiana, parlando senza traduzione simultanea: quando glielo si fa notare, dice che l’importante è che abbiano capito i giornalisti italiani presenti. Un comportamento un tantinello strambo, studiato appositamente per ottenere l’effetto contrario: cioè la conferma dell’incapacità conclamata di gestire la crisi, come sospettato da tempo dalle cancellerie, dalle banche e dai mercati finanziari.

Ma i veri, autentici e incalliti sadomasochisti sono gli italiani. Gli è arrivata addosso la peggiore, iniqua, inutile, dannosa manovra finanziaria della storia repubblicana, ma non se ne sono ancora resi conto: stanno lì che aspettano che siano i giudici a sputtanare (mai parola fu più appropriata) il capo del governo.

Come fossero semplici spettatori del B movie più noioso e ripetitivo mai realizzato, assistono passivi alla fine ignominiosa del berlusconismo come si trattasse di un reality show che non riesce ad arrivare all’ultima puntata. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Società e costume

Elogio dei difetti delle persone.

(pubblicato su “Cappuccino&Cornetto”-advexpress.it)

Contrariamente a quello che tutti pensano, sono i difetti, e non i pregi, che fanno andare d’accordo le persone tra loro. La scoperta di avere gli stessi difetti, tic, idiosincrasie genera complicità, che spesso sfocia in amicizia.

Certo, in tempi complicati come quelli che viviamo, l’amicizia più che un valore e’ un bene rifugio, nel senso che l’amico e’ ormai per noi semplicemente il “non nemico”. Ma questo ci basta, perche’ non ci impegna troppo.

Perché l’amicizia, quella vera, ha bisogno dello scambio di pregi e virtù, e di una serie di buoni sentimenti, utili a coltivarla con pazienza e disinteresse. Per chi volesse un piccolo decalogo dei buoni sentimenti che fin da piccoli conducono all’amicizia, bisognerebbe prendere, o riprendere in mano il più famoso dei libri scritti da Edmondo De Amicis (il cognome di un destino!), il libro Cuore. Me lo ricordava giorni fa una delle mie figlie a proposito degli strumenti di formazione dei ragazzini di oggi, ai quali certa sociologia ha, invece, riservato il ruolo di figli di buona donna, (con rispetto parlando delle rispettive mamme).

Ho recentemente lavorato a una campagna pubblicitaria per l’ UNICEF, il cui oggetto della comunicazione era l’uguaglianza dei ragazzini. Quello che abbiamo pensato, e poi realizzato, e’ stato il semplice ragionamento che i ragazzini di oggi hanno gli stessi difetti: non amano molto i libri di scuola, stanno a lungo col naso dentro Facebook, non fanno un passo senza telefonino, eccetera, eccetera. La questione che poneva la campagna era: ci accorgiamo che i ragazzini sono uguali per via dei loro difetti. Pero’ facciamo fatica a vedere le discriminazioni che la Legge riserva ai figli degli immigrati, anche di seconda e terza generazione.

Giorni fa, una giovane donna raccontava di essere stata in gita a Saturnia, deliziosa cittadina della Toscana, meta di turismo per via dei suoi famosi impianti termali. La giovane donna, dopo aver narrato le meraviglie del luogo, si e’ subito rifugiata nello stereotipo tipico dell’italiano medio, che ama andare dove vanno sempre tutti, ma poi prende le distanza dalla moltitudine e afferma, con un certo snobismo che ebbene si’, il luogo era ameno e valeva il viaggio, ma, ahinoi!, troppi turisti stranieri rovinano sempre tutto.

“Non ci si salva neanche qui” ha detto la giovane signora, che e’ di cittadinanza romena, e nel dire così deve essersi sentita molto, molto italiana. E’ stato un momento alto di integrazione etnica. Il che dimostra la tesi iniziale: sono i difetti che fanno andare d’accordo le persone. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

La nebbia informativa.

(fonte: Ansa.it)

“Siamo di fronte ad una nebbia informativa, una cortina impenetrabile di notizie ed informazioni in eccesso che non ci permette di sapere cosa c’e’ oltre. Siamo in una modernita’ di bambagia che ci impedisce di fare cio’ che vogliamo, sviluppa in noi un senso di ignoranza, di inadeguatezza e di frustrazione, uno stato di impotenza e di instabilita”, Zygmunt Bauman dixit (al Festival della Mente di Sarzana). Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Pubblicità e mass media Società e costume

Milano, Anno XVII dell’Era Videocratica.

(pubblicato su 3DNews-Terra)

Gabriele Paolini e’ uno che farebbe di tutto pur di apparire. La sua tecnica e’, appunto, apparire alle spalle del “nostro inviato” in diretta tv e fare qualcosa che attiri l’attenzione su di se’.

Così facendo, ovviamente, oltre che l’attenzione dei telespettatori, attira le ire degli addetti ai lavori. A chiunque sia capitato di assistere a una performance del Paolini, e’ successo di subire una sensazione da cortocircuito celebrale, come quando l’acqua della doccia diventa fredda, o nel caffè ci sia finito il sale, anziché lo zucchero.

Paolini e’ un guastafeste professionale: ci sbatte in faccia che la tv e’ fasulla. Intendiamoci, noi lo sappiamo che tutto quello che vediamo in tv non e’ sempre vero, giusto, condivisibile.

Fatto sta che Paolini in tv svela il trucco che ognuno di noi e’ disposto a concedere a se stesso, cioè ci fa vedere che quello che sappiamo benissimo: che la tv e’ bugiarda.

Lo accettiamo se si tratta di un telefilm, di un quiz, di un reality. Poi, pero’ ce ne dimentichiamo davanti al tg. E, zac!, arriva Paolini e rompe le uova nel paniere di chi aveva preparato tutto perché tutto sembrasse irresistibilmente vero.

In questi anni la tv ha reso possibile un primo ministro con i tacchi, il cerone e il riporto posticcio alla Mascagni. Vi pare possibile lasciar correre che il Paolini si presenti in tv e dica che il premier usa la pompetta? E che poi osi farsi fotografare mentre da’ fuoco a una gigantografia fotografica di Berlusconi?

Il Prefetto di Milano ha comminato al Paolini la sanzione del foglio di via. Qualcuno ha detto che e’ una misura punitiva che ricorda il Ventennio. Ma va la: nell’ Anno XVII dell’ Era Videocratica al Paolini e’ andata di lusso. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità Società e costume

Business&politica.

«…che io a vent’anni stavo in barca con D’Alema e gli altri a novant’anni ancora dovevano fare quello che io avevo fatto in due anni da diciotto a vent’anni. A trenta stavo a dormire a casa di Berlusconi io, a trenta». Giampi Tarantini dixit. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
business Potere Pubblicità e mass media Società e costume

Io ti pago, tu patteggi, così le indagini si chiudono e le intercettazioni non diventano pubbliche.

di Guido Ruotolo- La Stampa

Questa è la storia di un grande ricatto che ha come protagonista, nel ruolo di vittima, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Che – stando alla ricostruzione dell’accusa – per non vedere le sue scabrose telefonate di sesso pubblicate sui giornali, versa mezzo milione di euro a un imprenditore, Gianpi Tarantini, perché, essendo lui indagato per induzione e favoreggiamento della prostituzione, si sacrifichi e chieda il patteggiamento. E il presidente del Consiglio lo paga attraverso un faccendiere editore, Valter Lavitola, che le cronache di un anno fa hanno visto protagonista dell’affaire Montecarlo, la vicenda della casa intestata al cognato di Gianfranco Fini.

Gianpi Tarantini e la escort Patrizia D’Addario. Sembra un secolo fa quando Patrizia la escort , avendo registrato quell’incontro di sesso con il presidente del Consiglio, al pm barese, Pino Scelsi, confermò tutto consegnando la colonna sonora di quella notte d’amore. E raccontò dei suoi protettori, di quel Max Verdoscia e di Gianpi Tarantini che la preparò per la serata di Palazzo Grazioli. Un imprenditore certamente sui generis, quello al centro di questa vicenda, che aveva trovato un mix davvero unico per battere la concorrenza. Il giovane rampollo di una famiglia di imprenditori nel settore della sanità si era fatto le ossa con gli appalti e le commesse nella sanità pugliese quando in Regione c’era Raffaele Fitto (centrodestra). E poi, con l’avvento di Nichi Vendola aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco vedendosela con l’assessore alla Sanità, Alberto Tedesco (Pd), che aveva lasciato i figli a gestire le sue aziende sanitarie.

Coca e sesso. Era questo il mix vincente di Gianpi. Con il sesso ci era cascato anche l’assessore dalemiano Sandro Frisullo, finito in carcere, e dirigenti della sanità pubblica e primari ospedalieri.

Correva, Gianpi. E non si accontentava più di quel territorio ristretto, la Puglia. Puntava in alto. E arrivò l’estate della svolta, l’agosto del 2008. La villa presa in affitto a Capriccioli, Costa Smeralda. Con l’investimento in seicento grammi di cocaina e poi le feste da sballo e le serate al Billionaire.

Fino a quando, prima di ferragosto, grazie all’Ape Regina, al secolo Sabina Began, Gianpi Tarantini e la sua corte entrano a Villa Certosa. E fu amore a prima vista tra Gianpi e il Presidente.

Per capire fino in fondo il personaggio Tarantini, bisogna sentire, leggere una sua intercettazione: «…che io a vent’anni stavo in barca con D’Alema e gli altri a novant’anni ancora dovevano fare quello che io avevo fatto in due anni da diciotto a vent’anni. A trenta stavo a dormire a casa di Berlusconi io, a trenta».

Ne esce male anche la vittima, Silvio Berlusconi, tormentato dalla paura di essere intercettato, senza un consigliere fidato, un uomo degli apparati che gli spieghi che anche una scheda telefonica Wind panamense è intercettabile a casa nostra.

Tarantini, già finito in disgrazia per via delle inchieste sulla malasanità pugliese, e per la droga, agli arresti domiciliari per undici mesi, senza soldi e con debiti, tentenna, prende tempo, con Lavitola diventa una sanguisuga il cui unico obiettivo è il salasso del presidente del Consiglio. Mezzo milione di euro e poi un appannaggio mensile di quasi 20 mila euro (quattordicimila euro mensili, oltre affitto della casa di Roma) ed in più tutte le spese legali e straordinarie pagate.

Aveva tirato un sospiro di sollievo, pensava di aver finito con il carcere e i domiciliari. C’è un colloquio molto istruttivo, tra Tarantini, la moglie Nicla (che è anche amante di Lavitola) e il faccendiere editore: Nicla: «Mo tutto un caos… oggi è uscito un articolo di Laudati che Scelsi gli ha fatto una denuncia perché dice che ha rallentato…». Tarantini: «Perché i giornali di oggi… perché Laudati ha rallentato le indagini sulla prostituzione nei confronti di Berlusconi.. dai miei miei rapporti che lui è a conoscenza con Berlusconi». Commento di Lavitola: «Benissimo, questo è buono… invece di fa ‘na festa…».

Tarantini: «Dopo che è venuto Nicola… poi dice che queste informative sono bruttissime… sia quella sulle puttane che quella sulla bancarotta…».(Beh, buona giornata)

Share
Categorie
Attualità Popoli e politiche Società e costume

“La mondializzazione consente la libera circolazione dei beni e non meno pericolosamente quella delle sciocchezze.”

di ANDRÉ GLUCKSMANN (traduzione di Daniela Maggioni)-Il Corriere della Sera

Non vi meravigliate se parole al vento e accuse infondate seminano il panico, condannando pomodori e cucurbitacee alla spazzatura e gli orticultori spagnoli, italiani o francesi al fallimento. Che la democrazia e il regno delle dicerie coesistano, non è una scoperta.

La nostra prima città libera, l’ antica Atene, fu corrosa dalla doxa, immensa palude di giudizi arbitrari e perentori. Socrate passò la propria vita a battagliare contro simili dicerie e ne morì. Sull’ agorà – la piazza pubblica del V secolo a.C. – ognuno sospettava o denigrava l’ altro senza altra forma di processo; quando oggi gli esperti di Amburgo e Berlino incriminano ex abrupto i cetrioli dell’ Andalusia, la loro sciocca precipitazione non stupirebbe né Aristofane né Molière.

La mondializzazione consente la libera circolazione dei beni e non meno pericolosamente quella delle sciocchezze. La cyber-circolazione dell’ informazione, quando riesce a eludere i blocchi dispotici, veicola ammirevoli insurrezioni per la libertà – lo dimostrano Tunisi e Il Cairo -, ma trascina con sé anche pregiudizi logori, odii inveterati e ragionamenti assurdi.

Una parte di europei, fra il 30 e il 70%, a seconda dei luoghi e dei momenti, ha ritenuto che l’ «11 settembre» fosse un «colpo» dei servizi segreti americani. Il 70% degli elettori di sinistra in Francia ha visto in Dominique Strauss-Kahn la vittima di un misterioso complotto. Simile e-analfabetismo aggiunge ai tradizionali deliri della doxa una capacità di mondializzare il panico istantaneo.

Da un giorno all’ altro, l’ esplosione di Fukushima diventa sinonimo del destino nucleare in generale e propaga urbi et orbi una messa all’ indice senza via d’ uscita. Povera Marie Curie, abbassata al demoniaco personaggio del dottor Mabuse! Ecco finalmente scovato il nemico dell’ umanità: l’ atomo. Si cancellano le circostanze specifiche – un sisma, poi uno tsunami di vastità incomparabile – per stabilire un «rischio nucleare» uguale dappertutto e per tutti, comprese le regioni che ignorano i sismi da secoli e gli tsunami da un’ eternità.

Sopraffatta dall’ ondata di panico maggioritario, la signora Merkel cede in tre settimane e i Verdi europei predicono a se stessi insperati trionfi. Inutile discutere: chi guarda la centrale di Nogent-le Rotrou vede Fukushima! Chi acquista verdura si espone alle nuvole dei batteri assassini. Le smentite scientifiche restano vane. Meglio tornare al lume di candela e fare lo sciopero dell’ ortaggio!

Il principio di precauzione diventa il nostro vangelo, ogni panico irrazionale attizza di riflesso la ricerca febbrile e disperata del rischio zero. A Sud del Mediterraneo, le popolazioni insorgono contro i propri despoti. Al Nord ancora sazio, tali turbolenze provocano inquietudine più che entusiasmo: chi può garantire l’ avvenire? Certo nessuno, e allora? Noi esistiamo al di là della Provvidenza, coloro che contano su un senso della storia si rompono il muso: guardate il nostro terribile XX secolo.

Coloro che puntano sulla razionalità dei mercati finanziari sono in fase di stanca: guardate il XXI secolo che comincia. Siamo sicuri di una sola certezza: non c’ è sicurezza assoluta, dobbiamo vivere nel rischio e «lavorare nell’ incerto» (Pascal). Se fosse stato adepto del principio di precauzione, l’ antenato che addomesticò il fuoco avrebbe temuto la possibilità di armare eventuali incendiari, avrebbe subito soffocato la propria invenzione, continuato a mangiare crudo e a morire di freddo sul posto senza correre il rischio della civilizzazione.

Per fortuna, ignorando le nostre sacrosante «precauzioni», egli osò avventure e invenzioni i cui successi ci rendono così prosperi e… così codardi. Che i Paesi d’ Europa si irrigidiscano pure nei loro miopi egoismi e si lascino spaventare da movimenti planetari che non controllano: a nulla serve rinchiudersi in se stessi. Ci sono popolazioni che si sbarazzano dei propri dittatori e rompono gioghi secolari a loro rischio e pericolo, e l’ unico argomento valido per un europeo è decidere se aiutare a confortare quella volontà di libertà che una volta era la sua. Lo stesso, nella più grande democrazia del mondo, mezzo miliardo di indiani vive senza elettricità, e quindi nella miseria più nera.

Senza petrolio, con poco carbone, la scelta del nucleare, per una questione di sopravvivenza, sembra imporsi. Ci sono altri Paesi che ragionano allo stesso modo: per loro, il dramma di Fukushima non cambia l’ ordine delle cose. Sta a noi contribuire a controllare i rischi inerenti alle centrali. L’ uscita locale dal nucleare e la sospensione dal lavoro dei tecnici di questa «industria maledetta» è solo un buco nell’ acqua. Se la Germania rinuncia al nucleare (per legarsi mani e piedi allo zar del petrolio della Russia), se la Francia persiste nel mantenerlo (in nome della propria indipendenza energetica), chi avrà i migliori strumenti per spegnere le sempre possibili catastrofi? Coloro che hanno messo la chiave sotto la porta, o coloro che continuano ricerche innovative?

Poiché la catastrofe non conosce frontiere, come ripetono all’ infinito i nostri ecologisti, o l’ intero pianeta (ipotesi surreale) esce dal nucleare, oppure (ipotesi realistica) nessuno ne esce, neanche ostracizzando le proprie centrali. L’ Unione Europea è presa dal panico, quindi si divide. Ieri, si credeva invasa dalla gente dell’ Est (e si scagliava contro il famoso idraulico polacco); oggi, tiene d’ occhio le orde giunte dal Sud. Ognuno per sé. Che l’ Italia se la sbrighi da sola con Lampedusa! Perché le formiche tedesche dovrebbero aiutare le cicale greche e iberiche? Che importa il contagio?

Chi si lascia prendere dal panico si chiude in se stesso, il Belgio fiammingo rifiuta il Belgio vallone, l’ Italia della Lega fa da sé, e la Francia si municipalizza: Corrèze contro Charente contro Lilla contro Neuilly, salotti contro salotti, tristi opzioni, tristi dibattiti in vista delle elezioni presidenziali.

Il senso dell’ Europa non è più decifrabile, l’ idea della Francia svanisce. Scusatemi, la terra è rotonda, la terra gira, il mondo esterno e le sue sfide esistono, non basta certo chiudere gli occhi per abolirlo. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Società e costume

L’autonomia dell’elettorato (aspettando l’esito dei ballottaggi).

Berlusconi ha perso. Lo si capisce quando dice che lunedì i ballottaggi potranno anche non finire bene, ma il governo continua a essere stabile. Lo si capisce anche dalla lettura de Il Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi, i suoi articoli sembrano una specie di prove tecniche del prossimo mantra berlusconiano: non importa quanto è avvenuto nelle amministrative, il governo ha i numeri in Parlamento. Quindi, siccome il governo è stabile, Berlusconi non si dimette. Dopo aver caricato di significati apocalittici la campagna elettorale, soprattutto a Milano, la debacle del primo turno e la certezza della sconfitta ai ballottaggi derubricano il significato delle elezioni da test nazionale a problema locale. Questo nelle intenzioni.

Ma nei fatti gli artifici retorici, i voli pindarici dell’informazione di regime, l’occultamento televisivo della Caporetto berlusconista stavolta proprio non funzioneranno. E’ successo un fatto talmente dirompente da scompaginare per sempre i piani politici di tutte le forze politiche italiane: si è manifestata l’autonomia dell’elettorato.

L’elettorato ha agito con una capacità tattica stupefacente: ha colpito con l’astensione il Pdl ovunque; ha punito la Lega con la perdita di 25mila voti a Milano e a Torino; ha punito sonoramente il Pd a Napoli, ma anche la Sel di Vendola, che a Napoli aveva appoggiato il candidato ufficiale del Pd; ha strumentalizzato i grillini per costringere il centrosinistra a dire cose di sinistra; allo stesso tempo ha strumentalizzato il Terzo polo per far dire al centrodestra cose di centro, mettendo così in fuori gioco gli estremismi di ultradestra del berlusconismo al crepuscolo, addirittura ridicolizzando le paventate zingaropoli, per non dire dell’islamizzazione nonché della “frocizzazione” di Milano.

Il capolavoro operato dall’autonomia dell’elettorato è stato aver vissuto e quindi riproposto a tutta l’opinione pubblica italiana l’idea che Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli fossero due autentici outsiders: invisi dagli alleati, sottovalutati dagli avversari, come eroi epici, essi hanno capovolto la sorte avversa e trionfato, come campioni del bene contro i sicari del male.

La saldatura sociale tra le classi più deboli e la borghesia illuminata milanese, accanto al coinvolgimento genuinamente spontaneo di giovani e donne, comitati di quartiere, collettivi di persone impegnate nel sociale, coordinamenti contro la precarietà, i tagli al welfare, uomini e donne delle professioni, dell’arte e della cultura, tutti insieme questi segmenti hanno permesso una circolazione di idee assolutamente straordinarie, che hanno alimentato la comunicazione di mille energie autoprodotte, come nessun spin doctor avrebbe non solo potuto organizzare, ma nemmeno ipotizzare.

L’autonomia dell’elettorato ha spinto i candidati del centrosinistra ad affrancarsi dalle pastoie dei partiti, li ha presi per mano e portati nella freschezza e nella semplicità del linguaggio politico, nella narrazione dei programmi , nella prefigurazione di soluzioni concrete per le città, per i territori, per le persone e i cittadini.

L’autonomia dell’elettorato ha riportato la politica nella polis. La comunicazione si è vaccinata contro le pustole del populismo. Berlusconi ha perso tutti i suoi “ ultra poteri”, le sue ordalie mediatiche si sono smorzate: ha floppato su tutti i media, compresa la “sua” tv. L’autonomia dell’elettorato ha smesso di sentirsi pubblico, ha ripreso il ruolo di cittadinanza attiva. L’autonomia dell’elettorato è evasa dai recinti del consenso: è armata (di cambiamenti) e pericolosa (per gli apparati di partito). Si consiglia di prestarle la massima attenzione. Soprattutto in vista dei prossimi referendum. Beh, buona giornata.

Share
Follow

Get every new post delivered to your Inbox

Join other followers: