
“Fra il 2003 e il 2023, con un intervallo di otto anni durante i quali non ha percepito denari dallo Stato, il quotidiano alla cui direzione si sono alternati Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti, Maurizio Belpietro, Pietro Senaldi e Mario Sechi ha incassato, secondo le cifre presenti nella banca dati del dipartimento per l’Informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio, 57.103.260 euro.
Niente male, no? Il bello è che i denari con cui si finanzia «Libero» arrivano dal canone Rai.
Una legge del secondo governo di Giuseppe Conte, quello con il Partito democratico al posto della Lega, stabilisce che 110 milioni di euro l’anno dell’abbonamento alla tv di Stato vanno a finire in un «Fondo per il pluralismo dell’informazione».
Dal quale si attinge per pagare i contributi ad alcune decine di giornali, fra cui appunto «Libero» e altri organi di stampa. Compreso ciò che rimane dei quotidiani politici come «il manifesto» o di partito qual è il «Secolo d’Italia», megafono dei Fratelli d’Italia, destinatario di un milioncino l’anno.
Meccanismo davvero curioso.
Ai cittadini viene imposto di pagare il canone con la bolletta della luce. Però con la stessa bolletta finanziano pure i giornali politici. A loro insaputa.” (da “Io so’ io: Come i politici sono tornati a essere intoccabili” di Sergio Rizzo).