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Il pianto greco degli industriali italiani.

I soldi per il decreto sviluppo “non ci sono, dobbiamo inventarci qualcosa”. Più chiaro di così Silvio Berlusconi non lo è mai stato. Una risposta a voce alta alla lettera delle imprese, nella quale sostenevano “L’Italia ha mezzi e risorse per risalire la china, ma il tempo è scaduto”.

Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle cooperative, Abi e Ania chiedevano ?un efficace piano integrato e condiviso di rilancio del Paese”. A questo punto vi starete chiedendo: quanto può durare questa situazione di stallo tra il governo e le imprese? Stallo? Quale stallo; proprio mentre scrivo queste righe Standard and Poor’s ha tagliato il rating di 24 banche e istituzioni finanziarie italiane a causa dei rischi sull’economia e il debito sovrano.

A questo punto, non serve fare il pianto greco.

Quello che sta succedendo è che ci hanno messo in pentola e sono pronti a mangiarci a piccoli morsi, magari con contorno di olive greche. Beh, buona giornata.

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Bifo, Mario Draghi e il movimento degli indignati.

di Franco Berardi BIFO.

La dichiarazione rilasciata da Mario Draghi la mattina del 15 Ottobre è segno di sarcastica arroganza della classe finanziaria. Mario Draghi, prossimo Presidente della Banca Centrale Europea, che ha detto di essere dalla parte degli “indignati”: “Anche noi siamo arrabbiati contro la crisi figuriamoci i ventenni che non trovano lavoro.” Ciò significa che non appena prenderà il suo posto di presidente della Banca, Mario Draghi tasserà le transazioni finanziarie nella stessa misura in cui tassa il mio stipendio? Che la BCE erogherà finalmente un reddito di cittadinanza per tutti i disoccupati europei?

Chiederà ai governi europei di investire nuovamente i soldi tagliati alla scuola, e di riassumere i dipendenti pubblici e privati licenziati per effetto delle misure deflazioniste e privatistiche della passata gestione della BCE?

Ne dubito.

Chi è Draghi? Allievo del compianto Federico Caffè ed ex direttore esecutivo della Banca Mondiale, Draghi è stato dal 2002 al 2005 vicepresidente e membro del Management Committee Worldwide della Goldman Sachs, la banca d’affari che si può considerare responsabile principale della speculazione globale che sta portando al collasso le democrazie e alla miseria le popolazioni. Per quanto presentato come persona di specchiata moralità, Mario Draghi non è un gentiluomo. Non è al soldo della mafia come la maggior parte dei ministri del governo Berlusconi, ma è portatore di quegli interessi finanziari che sono un pericolo mortale per la vita quotidiana della popolazione europea.

Draghi viene avanti per far fuori le mafie secondarie, come quella di Berlusconi, e imporre gli interessi della mafia dominante, quella della Banca Centrale europea, cuore nero dell’imposizione dogmatica di criteri economici che confliggono con il benessere, la pace, e la civiltà sociale.

Ma forse Draghi non ha capito bene: il movimento non è arrabbiato contro la crisi come crede lui e come suggerisce uno slogan sbagliato che circola nel movimento.

Senza polemizzare con i compagni di Global Project, e della FIOM per i quali nutro affetto solidarietà e rispetto, vorrei suggerirgli di cambiare nome alla loro iniziativa unitaria.

Il movimento non è contro la crisi (che non significa niente). E’ contro il capitalismo, contro lo sfruttamento, la competizione, il dogma del profitto e della crescita.

La crisi non è che uno degli effetti della follia del capitalismo finanziario, e può essere l’occasione per consegnare il capitalismo alla storia. Non è l’emergenza della crisi a distruggere la nostra vita, ma la normalità del capitalismo che sfrutta, uccide, inquina. La crisi non è che il momento più violento della normalità capitalista, ed è anche il momento nel quale la società può rompere la catena politica, sociale e culturale che la incatena. Beh, buona giornata.

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15 ottobre, manifestazione nazionale a Roma: per uscire dalla crisi va cambiato il modo di affrontare la crisi.

di Giorgio Creamaschi

Il governo greco pare aver raggiunto un accordo per un nuovo prestito dall’Europa. In cambio quello stesso governo ha concesso la liquidazione dei contratti nazionali. Anche in Grecia ci sarà l’equivalente dell’articolo 8 della manovra del governo italiano. Per legge i contratti nazionali non varranno più automaticamente in tutte le aziende, ma ogni realtà potrà decidere se applicarli o no. Pare che Bruxelles, la Banca europea, il Fondo monetario internazionale abbiano gioito della decisione del governo greco.

Così, si è detto, la flessibilità del lavoro sarà uno strumento per una ripresa economica.

Ancora una volta scopriamo che l’attacco ai diritti fondamentali del lavoro ha una regia precisa in Europa e nella finanza internazionale.

L’unica verità sulla crisi finora detta dal governo italiano, è che l’articolo 8 della manovra è stato così definito in risposta alle richieste della lettera di Draghi e Trichet.

E’ chiaro ormai che per quanto confuso e ridicolo, il dibattito politico italiano non può più fingere. E’ l’Europa delle banche e della speculazione finanziaria che ci chiede di distruggere i contratti nazionali, il governo Sacconi-Berlusconi aggiunge di suo solo un particolare livore e una particolare frustrazione dovuta alla sua crisi politica.

Per questo, se vogliamo difendere davvero i contratti nazionali e i diritti dei lavoratori, dobbiamo sapere che l’avversario sta in Italia come in Europa e bisogna combattere entrambi. Prima che producano disastri irrecuperabili, visto che la flessibilità del lavoro non solo non aiuterà la ripresa economica, ma sarà un’ulteriore fattore di crisi e depressione.

Il 15 ottobre scendiamo in piazza contro due avversari: l’attuale governo e quello altrettanto feroce che si prepara, per opera delle banche, della finanza e del loro governo europeo. (Beh, buona giornata).

Fonte: http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/10/12/giorgio-cremaschi-il-15-ottobre-in-piazza-contro-l%e2%80%99europa-che-distrugge-i-diritti-del-lavoro/.

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L’uscita dalla crisi economica è politica.

“Gli economisti registrano la recessione analizzando l’andamento della domanda; la domanda crolla a causa della L’uscita dalla crisi economica è politica.caduta dei redditi; i redditi e quindi il potere d’acquisto diminuiscono per mancanza di lavoro il quale a sua volta cede per la scarsità di domanda. Così il cane si morde la coda, l’effetto diventa a sua volta causa, l’economia reale si avvita e il circolo perverso della stagnazione e poi della recessione si autoalimenta”, scrive oggi Eugenio Scalfari su Repubblica.

Per interromperlo -sostiene Scalfari- deve entrare in gioco un elemento nuovo, capace di bloccare il ciclo perverso e di cambiare il “trend” e le aspettative dei mercati. Bisogna dunque chiedersi quale sia l’elemento nuovo capace di capovolgere le aspettative. Su questa ricerca -aggiunge Scalfari- si sta discutendo da anni e la discussione negli ultimi mesi è diventata sempre più convulsa. Ora siamo alla stretta finale e, come sempre avviene nei gran finali, il problema è ridiventato politico.”

In Italia, il fatto nuovo che potrebbe convincere i mercati e le istituzioni finanziarie globali a dare un poco di respiro alla nostra economia è la cacciata di Berlusconi e del suo governo, per alcuni; un semplice passo indietro del Cavaliere, per altri. Comunque, la sua sostituzione alla guida del Paese è nei fatti, è nell’agenda politica da quest’estate. Ogni giorno che passa la fine di Berlusconi appare inevitabile: lo dicono apertamente, lo chiedono sommessamente, lo sperano segretamente ormai un po’ tutti.

E’ una questione di tempo, ma di tempo ne resta poco. Per come è stata ridotta la reputazione del Paese, la testa di Berlusconi forse non sarà più sufficiente; magari da solo questo evento non è risolutivo delle ormai profonde lacerazioni sociali dell’Italia. Ma da qualche parte bisogna ricominciare,e questo è pur sempre un buon inizio. Beh, buona giornata.

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Per salvare il salvabile, ecco il condono.

“Per l’abbattimento del debito servirà ricorrere a forme di finanza straordinaria in cui il governo dovrà mettere in agenda una patrimoniale morbida, la riforma pensionista, un piano di dismissioni e se questo non basta, anche un condono edilizio e un condono fiscale”, Fabrizio Cicchitto dixit.
La maggioranza esce allo scoperto: il tentativo è tutto politico, si cerca con i condoni di riprendere il consenso perduto.

Però le cose ormai non sono più come un tempo. La credibilità è compromessa, sia sul piano internazionale che sul piano interno. La proposta sa molto di escamotage, di trucco elettoralistico, siamo ai bassi fondi della politica, dove pur di rimanere al governo si è disposti a tutto. Anche a rischiare reazioni sociali incontrollabili: come si fa a far accettare a chi paga le tasse a pagarne di più, se poi si concede proditoriamente, per l’ennesima volta, un salvacondotto proprio ai responsabili della macroscopica evasione, che come è noto si aggira intorno a 130 miliardi?

Cicchitto ha detto che con l’etica non si esce dalla crisi. Ognuno in politica ha la sua stella polare. La verità è che nessuno al governo sa che fare, quello che è stato fatto è stato dettato, letteralmente dettato dalla Bce. La crisi procede inesorabile, ma né Berlusconi né i suoi scudieri sanno che pesci prendere sulle misure urgenti per stimolare la crescita.

E allora ecco il coniglio dal cilindro, il condono. Ma stavolta il coniglio sembra più che altro un gatto morto: come quello che nell’antica tradizione dell’avanspettacolo veniva lanciato sul palcoscenico contro l’attore cane. Beh, buona giornata.

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Prima rompe con FIOM, poi con Confindustria: dove vuole arrivare la Fiat?

La Fiat si prepara a lasciare l\'Italia?

(Clicka sulla frase in rosso e vedi il commento in video).

L’assemblea dei delegati accoglie la proposta di mobilitazione di gruppo contro il piano industriale del Lingotto e Fabbrica Italia. “Bisogna mandare un segnale che non siamo rassegnati”, dice Airaudo
La manifestazione degli operai di Irisbus, azienda del gruppo Fiat
MILANO – L’assemblea dei delegati Fiom ha accolto la proposta della segreteria per uno sciopero nazionale di 8 ore il 21 ottobre in tutto il gruppo Fiat, approvando all’unanimità il documento. Mobilitazione che sarà estesa alle aziende della componentistica, con una manifestazione nazionale a Roma.

“Fabbrica Italia non esiste” ha tuonato il segretario nazionale Fiom, Giorgio Airaudo che ha aggiunto: “Bisogna mandare un segnale che non siamo rassegnati”. Secondo il rappresentante delle tute blu di Cgil la stessa uscita del Lingotto da Confindustria è una vicenda che “riguarda gli assetti del Paese e le libertà democratiche. Siamo di fronte a un tentativo di costruire un modello sociale diverso, un modello di rappresentanza e di rapporti diversi. E quello che ci viene proposto in Italia non è altro che la coda del fallimento del modello americano”.

Airaudo ha quindi sottolineato il momento difficile della vertenza Fiat, motivo in più per dare un “segnale importante”. Lo sciopero del 21 ottobre e la manifestazione a Roma “sono indispensabili. E’ una risposta a quello che ci viene proposto e serve per non lasciare soli i lavoratori degli stabilimenti della Irisbus di Valle Ufita e di Termini Imerese”.

Sui diritti di rappresentanza e sulle libertà sindacali Fiom realizzerà un libro bianco e proporrà al Parlamento una commissione di inchiesta: “E’ necessario costruire una campagna di denuncia su questi temi”, ha concluso Beh, buona giornata.

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Fitch ha tagliato il giudizio sull’Italia da AA+ ad A+ portando la sua previsione per il futuro a “negativo.

Dopo Standard & Poor’s e Moody’s, anche Fitch, la terza agenzia che si occupa di attribuire il merito di credito ai Paesi e alle società ha abbassato il giudizio sul Belpaese.

Fitch ha tagliato il giudizio sull’Italia da AA+ ad A+ portando la sua previsione per il futuro a “negativo” (outlook).
La valutazione di breve termine scende a ‘F1’ da ‘F1+’. Salgono così a dieci gli interventi da parte delle ‘big three’ (Fitch, Moody’s, S&P) in poco meno di 20 anni. L’ultima promozione è sempre di Fitch nel giugno 2002.Il downgrade riflette “l’intensificarsi della crisi della zona euro che costituisce un significativo shock finanziario ed economico che ha indebolito il profilo di rischio sovrano dell’Italia”, spiega Fitch in una nota, sottolineando che “una soluzione credibile e complessiva della crisi è politicamente e tecnicamente complessa e ci vorrà tempo per realizzarla a per guadagnare la fiducia degli investitori”.

L’agenzia ricorda di avere già in precedenza indicato come a livello europeo “una soluzione credibile e generale della crisi sia tecnicamente e politicamente complessa e richieda molto tempo per essere applicata così da guadagnare la fiducia degli investitori”. Quanto all’Italia, si precisa, “l’alto livello di debito pubblico e le esigenze di finanziamento del debito, assieme a un basso livello di crescita potenziale rendono l’Italia particolarmente vulnerabile a choc esterni”.
Per Fitch la recente manovra di bilancio “ha rafforzato in modo sostanziale lo sforzo di consolidamento fiscale”.
Tuttavia, si aggiunge, “l’iniziale risposta esitante del governo al rischio di contagio ha eroso la fiducia del mercato nella sua capacità di condurre in modo efficace l’Italia attraverso la crisi dell’Eurozona”.

Fitch ha declassato anche il rating ella spagna, due gradini in meno da AA+ a AA-. Anche nel suo caso, l’agenzia ha precisato di mantenere prospettive negative, preludio di possibili ulteriori declassamenti di rating. Secondo quanto riferisce una nota dell’agenzia, il declassamento riflette due fattori: l’intensificarsi della crisi nell’area euro e i rischi sulla solidità di bilancio in seguito alle revisioni al ribasso della crescita spagnola di medio termine. Beh, buona giornata.

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democrazia Finanza - Economia - Lavoro

Le agenzie di rating declassano il Paese, il governo declassa il Parlamento.

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Attualità Finanza - Economia - Lavoro

Lui minaccia, il dietologo lo consiglia.

“Ho sentito Berlusconi ed è molto di cattivo umore. Minaccia di andarsene lasciandoci in balìa della sorte e non di un’alternativa concreta. La responsabilità di Berlusconi in politica e la tragedia è di non aver affrontato la questione della crescita quando doveva farlo e quando lo ha annunciato a gennaio dello scorso anno. Questo è il fallimento recente di Berlusconi. Speriamo che ora faccia una dieta di sangue di tigre e bistecche di leone”. Ferrara dixit. Beh, buona giornata.

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Sempre più in basso? Andiamo al voto.

Moody’s ha declassato l’Italia. Siamo vulnerabili alle turbolenze dei mercati. Cioè, il governo è una pappa molle. Basta giochetti politici: al voto. Beh, buona giornata

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Indignados di tutto il mondo, unitevi.

http://m.youtube.com/#/watch?v=ZgNVBm_ZsTQ

Le democrazie occidentali sono programmate perché pochi diventino ricchissimi ma non perché molti diventino poverissimi. E’ il capitalismo. Eppure è quello che sta succedendo, dopo la crisi del 2008 e adesso con la crisi del debito pubblico sta mettendo in mettendo in corto-circuito il sistema, cioè il rapporto tra la struttura economica e la sua rappresentanza politica.

In Europa e negli Usa si è attaccato prima il risparmio individuale poi lo stato sociale. Oggi la destra europea e americana è fermamente contraria all’aumento delle tasse per i redditi alti. Per questo, in occidente, cioè in Europa e in America, dilagano le proteste di massa contro la crisi. Esemplare il movimento Occupy Wall Street.

Non a torto la finanza globale, e la Borsa in primo luogo sono considerati i nemici del benessere, della distribuzione della ricchezza. “Se il mondo fosse una banca, lo avreste già salvato”, scrissero una volta quelli di Green Peace. Spostato dall’ecologia all’economia, questo slogan sembra accomunare le proteste da New York a Madrid, da Tel Aviv a Roma, da Atene a Londra. Beh, buona giornata.

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Anche gli americani nel loro grande si incazzano contro la crisi.

da repubblica.it

Circa 700 persone aderenti alla campagna contro Wall Street sono stati arrestati a New York. Le forze dell’ordine sono intervenute quando i dimostranti hanno bloccato il traffico sul ponte di Brooklyn e hanno cercato di dar vita a un corteo non autorizzato. “Vergogna, vergogna” hanno urlato i manifestanti all’indirizzo degli agenti. Testimoni hanno raccontato di averne visti moltissimi ammanettati, seduti a terra mentre tre pullman arrivavano per portarli via. Un portavoce della polizia ha dichiarato che erano stati ripetutamente avvertiti che se avessero invaso le corsie destinate ai veicoli sarebbero stati arrestati.

La protesta del movimento Occupy Wall Street (Occupare Wall Street) va avanti da due settimane e si sta estendendo ad altre città, a cominciare da Washington e Boston. Nella capitale del Massachusetts oggi sono state fermate 24 persone che partecipavano a un sit-in non autorizzato davanti alla sede di Bank of America, che di recente ha annunciato un piano di tagli per 30.000 impiegati con risparmi stimati in cinque miliardi di dollari fino al 2014.

A New York circa 2.000 dimostranti – disoccupati, reduci di guerra, studenti, insegnanti – hanno installato il loro quartier generale a Zuccotti Park, tra la Broadway e Liberty Street, non lontano dai grattacieli di Wall Street. E hanno intenzione di rimanerci per mesi. Da lì, verso le 15.30 ora locale, si sono mossi in direzione del ponte di Brooklyn, distante circa quattro chilometri. Una marcia con cui hanno voluto, tra l’altro, sostenere

il movimento SlutWalk contro gli abusi sessuali sulle donne.

Il movimento contesta le politiche seguite per fronteggiare la crisi economica. Il collante è la protesta contro le logiche di Wall Street, ma anche la delusione nei confronti del presidente Barack Obama che a loro avviso, come ogni presidente, è “schiavo” di quelle logiche. L’ispirazione viene dagli “indignados” spagnoli 1, dalle manifestazioni greche 2, dalle rivolte in Egitto e in Tunisia, dalle tende montate dai manifestanti a Tel Aviv 3. “Questa protesta è l’unico modo per rappresentare noi stessi”, spiega Norman Koener, un insegnate di Filadelfia venuto a New York per sostenere il movimento anti Wall Street. “Il Congresso non legifera per noi, e Obama è andato contro tutti i suoi propositi iniziali. Non penso che riuscirà ad essere rieletto ma del resto anche i Repubblicani sono un fallimento. A che serve votare per due partiti corrotti? L’unica soluzione è la democrazia che si vede in questa piazza”, conclude amaro il professore.

Quello di Zuccotti Park non è un vero e proprio accampamento perché le tende sono proibite. I manifestanti dormono avvolti in teli di plastica. Ma hanno allestito una cucina e una biblioteca e hanno sparso in giro poster in cui sono enunciati chiaramente i loro slogan. Negli ultimi giorni sono andati tra loro il regista Michael Moore e l’attrice Susan Sarandon. Appoggio alla protesta arriva anche dai cittadini di New York: non sono pochi i passanti che offrono donazioni e alcuni ristoranti hanno donato del cibo.

La rete di comunicazione grazie alla quale il movimento si sta allargando ad altre città si avvale dei mezzi ormai imprescindibili in questi casi, YouTube, Facebook, Twitter. Da Zuccotti Park vengono trasmessi aggiornamenti in tempo reale in streaming e si fa circolare un quotidiano, The Occupied Wall Street Journal. Il 6 ottobre il movimento si sposterà a Washington, simbolo della politica e delle lobby, in occasione del decimo anniversario della guerra in Afghanistan.

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Un governo debolissimo, misure economiche durissime: la Bce in supplenza dell’inedia di Berlusconi

Francoforte/Roma, 5 Agosto 2011
Caro Primo Ministro,
Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 Agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori.
Il vertice dei capi di Stato e di governo dell’area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che «tutti i Paesi dell’euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali». Il Consiglio direttivo ritiene che l’Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali.
Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti.

Nell’attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
1.Vediamo l’esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di più ed è cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.
a) È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.

2.Il Governo ha l’esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L’obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. È possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.

Vista la gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.
3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione). C’è l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.
Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate.
Con la migliore considerazione,

Mario Draghi, Jean-Claude Trichet

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Dibattiti Finanza - Economia - Lavoro Natura Popoli e politiche Scienza

About the overshoot day.

L’overshoot day è stato il 27 settembre scorso. E’ stato il giorno in cui l’umanità è entrata in deficit ecologico. Vuol dire che per quest’anno abbiamo esaurito tutte le risorse naturali disponibili. Che si fa? Si fa come fanno tutti quelli che hanno debiti: inizieremo a consumare quelle riservate al prossimo anno. Insomma, da qualche giorno, stiamo mettendo mano ai risparmi che si andranno a sottrarre dal capitale ecologico ed ambientale del futuro del pianeta. Ma come siamo arrivati a questo punto? Per una inesorabile legge dell’economia: spendiamo più di quanto abbiamo. Anche in termini di risorse.

Spiega Mathis Wackernagel presidente del Global footprint network, l’associazione internazionale che calcola ogni anno la spesa ecologica dell’umanità: «Se vogliamo mantenere la società stabili e vivere bene non possiamo più sostenere un deficit di bilancio sempre più ampio tra ciò che la natura è in grado di fornire e quanto le nostre infrastrutture, economie e stili di vita richiedono». È dal 1970 in poi che le attività umane hanno superato la soglia critica di sfruttamento delle risorse del pianeta e la domanda ha iniziato a superare l’offerta in una condizione nota come superamento ecologico.

La domanda, però è davvero semplice: se il nostro sviluppo economico è basato sullo sfruttamento del pianeta, come si pensa di riuscire a fermare l’immenso spreco delle risorse ambientali? Se non si supera il capitalismo, non ci sono chances di tornare un giusto equilibrio tra capitale ecologico e “il capitale”.

Tanto più che “il capitale” ha problemi talmente gravi che ha cominciato a consumare le riserve finanziarie del futuro da almeno tre anni a questa parte, cioè dall’insorgere della bolla speculativa dei titoli tossici, che hanno prodotto un indebitamento finanziario, si dice, pari a undici volte la somma del prodotto interno lordo di tutti i paesi del pianeta.

Il pianeta se la cava meglio dell’economia globalizzata, i cui governi stanno facendo a pezzi piccoli il welfare, con il risultato di ipotecare il futuro di almeno un paio di generazioni future. Quando si parla della fine del mondo, che potrebbe essere stata prevista nel prossimo 2012, non si tiene conto non solo che di leggende catastrofiche è piena la storia degli uomini, ma soprattutto non si tiene in considerazione una cosa semplice semplice: non è dato che le sorti del genere umano coincidano con il futuro del pianeta.

La fine del mondo, semmai potrebbe significare la fine del “mondo degli uomini”, capaci come sono di autodistruggersi. Il pianeta c’era prima della nostra comparsa e ci sarà dopo.
Anzi, se è vero che la Terra è un pianeta intelligente, perché mai dovrebbe sopportarci ancora a lungo? Beh, buona giornata.

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business Finanza - Economia - Lavoro

Nuovo crollo della fiducia, i consumi sempre peggio.

(fonte: repubblica.it)

Cala a settembre la fiducia dei consumatori
Secondo i dati dell’Istat, non crescono le attese di un ritorno dei consumi. L’indice scende da 100,3 di settembre a 98,5 attuale.

La Fiducia dei consumatori è debole. A settembre l’indice continua a calare scendendo a 98,5 da 100,3 di agosto. Lo ha comunicato l’Istat. “La flessione, diffusa a tutte le componenti, è più marcata per il clima economico, il cui indice diminuisce da 70,0 a 67,8; la fiducia sulla situazione personale scende da 116,2 a 114,4”, ha spiegato l’istituto.

L’indice del clima corrente cala da 112,1 a 109,7, mentre quello relativo al complesso delle attese a breve termine segna una lieve diminuzione (da 87,5 a 87,2). Peggiorano le valutazioni, presenti e prospettiche, sulla situazione economica del Paese e della famiglia, nonché i giudizi sul bilancio familiare e sull’opportunità attuale del risparmio. Si deteriorano, seppur con intensità minore, anche le attese sull’evoluzione del mercato del lavoro.

Migliorano, per contro, le attese sul mercato dei beni durevoli e sulle intenzioni future di risparmio. I saldi dei giudizi sull’evoluzione recente dei prezzi al consumo e quelli delle previsioni sulla loro dinamica futura registrano un aumento rispetto al mese precedente. La fiducia peggiora in quasi tutte le ripartizioni e il deterioramento è particolarmente intenso nel Mezzogiorno; solo nel Nord-est si registra un lieve recupero. (Beh, buona giornata)

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Finanza - Economia - Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

I dolori finanziari di Mediaset.

di GIULIANO BALESTRERI-repubblica.it

Fine settimana di fuoco per Mediaset che tra mercoledì e oggi ha lasciato sul parterre di Piazza Affari oltre il 16% con una capitalizzazione crollata a 2,4 miliardi, 2 euro per azione: solo venerdì sono stati bruciati 100 milioni di euro. Sintomo di un malessere profondo. Che si intreccia con la politica, la congiuntura economica e il piano industriale del gruppo di Cologno.

Gli analisti sono convinti che il governo guidato da Silvio Berlusconi sia vicino al capolinea. Una sensazione diffusa anche tra gli investitori che stanno iniziando a riposizionarsi. Mediaset gode oggi di un primato ineguagliabile sul fronte della raccolta: grazie all’aggressiva strategia di Publitalia e alla forte riduzione dei prezzi, la tv assorbe metà degli investimenti in pubblicità. Con Mediaset che raccoglie il 63% degli introiti della tv. Come dire che al Biscione va il 31,5% di tutta la raccolta pubblicitaria del paese.

“C’è una sorta di sudditanza nei confronti di Mediaset. E’ un fatto ciclico che si ripete quando Berlusconi è al governo” spiega un ex dirigente di Sipra, la concessionaria della Rai che aggiunge: “Gli investitori cercano di compiacere il premier. Danneggiando la Rai. Anche il governo cerca di non pagare gli spot al servizio pubblico”. Un sistema che senza Berlusconi al governo non avrebbe ragione d’esistere.

A tutto questo si aggiunge la congiuntura economica. I timori di recessione rallentano gli investimenti per tutti. Anche per Publitalia che continua a rendere più del mercato, ma non riesce a tenere il passo con la performance scorso anno (in realtà solo La7 e Cairo riescono a fare meglio).

Sullo sfondo del crollo del titolo anche i dubbi sull’efficacia del piano industriale. Ieri Mediaset Premium si è aggiudicata i diritti tv per i prossimi tre campionati di Serie A sul digitale terrestre versando 268 milioni di euro l’anno contro i 210 dell’ultimo contratto. Il Biscione si è aggiudicato l’esclusiva per le migliori 12 squadre di Serie A, quelle che garantiscono il 90% degli ascolti, a un prezzo inferiore rispetto alla concorrenza: Mediaset paga 1,2 milioni a partita contro l’1,4 di Sky e l’1,4 che viene chiesto per ogni match tra le 8 squadre fuori dal pacchetto Mediaset (le partite che garantiscono meno del 10% di share). Il problema è che gli abbonati Mediaset pagano in media 10,5 euro al mese contro i 43 euro di Sky. Certo il trend è in crescita rispetto ai 9,6 euro del 2009, ma con questi numeri servono 2,1 milioni di abbonati solo per pagare i diritti sportivi. Esclusa la Champions League. E a fine giugno gli abbonati erano 2 milioni con 4,4 milioni di tessere attive. (Beh, buona giornata).

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Dibattiti Finanza - Economia - Lavoro

Come elaborare il lutto della più grave crisi finanziaria dal ’29.

di MOISÉS NAÍM- La Repubblica

Le tappe sono note. Negazione («Non sta succedendo nulla»). Rabbia («Perchè proprio a me?»). Negoziazione («Che posso fare per rinviare l´inevitabile?»). Depressione («Non vale più la pena di fare niente: è finita»). Accettazione («Tutto si rimetterà a posto, il mondo andrà avanti»).

Sono le «cinque tappe del lutto», quelle attraverso cui, secondo Elisabeth Kübler Ross, passano tutti coloro che si trovano ad affrontare la morte di una persona cara o una perdita catastrofica. Probabilmente la Kübler-Ross non immaginava che il suo schema potesse risultare molto utile per comprendere il comportamento di un Governo messo di fronte a una grave crisi finanziaria. Sono passati attraverso questa trafila gli argentini (più di una volta), i brasiliani, i messicani, i russi e gli asiatici. Ora tocca all´Europa (e agli Stati Uniti, ma questa è un´altra storia). Io non so – e credo che non lo sappia nessuno – che piega prenderanno le convulsioni che stanno trasfigurando le economie europee, o come reagiranno i mercati finanziari e i Governi nel loro interminabile ciclo di azioni e reazioni. Sappiamo che i 150 miliardi di euro che l´Europa ha dato alla Grecia non sono serviti a molto e che l´Italia, la Spagna e altri Paesi a rischio hanno già adottato misure di austerità fino a poco tempo fa inimmaginabili. Ma sembra che nulla funzioni.

Quando prevedere quello che succederà diventa così difficile, bisogna cercare consiglio nel passato (pur nella consapevolezza che non sempre quello che è successo in passato può essere di aiuto per prevedere il futuro). In ogni caso, l´analisi di un gran numero di crisi di questo genere in Paesi diversi ha permesso a Carmen Reinhart, autrice (insieme a Kenneth Rogoff) del magnifico libro Questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria (Il Saggiatore, 2010), di individuare le cinque tattiche più comuni utilizzate dai Paesi fortemente indebitati per ridurre l´indebitamento.

1 Crescita. Equivale a uscire dal problema facendo espandere l´economia. Man mano che l´attività economica cresce, aumenta il gettito fiscale e si riduce il peso del debito in rapporto all´economia. Molti Paesi ci hanno provato; pochi ci sono riusciti.
2 Smettere di pagare. In linguaggio più tecnico si chiama «moratoria», «sospensione dei pagamenti», «ristrutturazione del debito», «default» o «piano Brady». Nella pratica consiste semplicemente nel notificare ai creditori che saranno pagati meno di quello a cui avrebbero diritto e in un lasso di tempo più lungo di quello concordato inizialmente. La Reinhart ha riscontrato che dall´anno della sua indipendenza, nel 1832, la Grecia è stata in mora per il 48 per cento del tempo. Anche l´Argentina ricorre spesso a questa tattica.
3 Austerità. È un tema dolorosamente familiare in questi mesi per gli europei, come lo fu negli anni 90 per i latinoamericani, i russi e gli asiatici. Comporta tagli draconiani alla spesa pubblica, sia quella superflua che quella non tanto superflua. Riduce il debito, ma produce anche manifestazioni di piazza, e a volte la caduta di Governi.
4 Inflazione. Quando aumentano i prezzi, il valore del debito diminuisce in maniera proporzionale al tasso di inflazione. L´inflazione è un male per l´economia, specialmente per i lavoratori salariati, e allevia il problema dell´indebitamento in modo politicamente meno conflittuale, ma non risolve il problema dell´indebitamento in altre valute.
5 Repressione finanziaria. Avviene quando i Governi prendono misure finalizzate a incanalare verso di loro fondi che altrimenti verrebbero destinati ad altri scopi, o uscirebbero dall´economia. L´arsenale di questo tipo di misure è variegato, tentatore, pericoloso e… frequentemente utilizzato. Comprende l´imposizione di un tetto ai tassi di interesse pagati dal Governo, l´obbligo per le banche di coprire una parte delle riserve obbligatorie con l´acquisto di titoli di Stato, la nazionalizzazione del settore bancario o di alcune parti di esso o l´imposizione di controlli sui flussi di capitali internazionali. Sembrano misure estreme, e infatti lo sono, ma erano molto usate nei Paesi meno sviluppati tra gli anni 60 e gli anni 80. Carmen Reinhart, che sospetta un prossimo ritorno in auge di misure di questo tipo, ricorda che fra il 1945 e il 1980 erano comunemente utilizzate anche negli Stati Uniti e in altri Paesi sviluppati e che diedero un contributo fondamentale alla «liquidazione» dei debiti accumulati durante la seconda guerra mondiale.

Ovviamente, nessuna di queste cinque tattiche esclude le altre; possono essere adottate insieme: in particolare, vanno spesso a braccetto inflazione e repressione finanziaria.
Ripeto: non so come si evolverà questa crisi, ma so che le idee di Elisabeth Kübler-Ross, combinate con le idee di Carmen Reinhart, contribuiscono a far capire meglio cosa c´è dietro le tante notizie che ci stanno arrivando dall´Europa. (Beh, buona giornata).

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Anche gli americani si incazzano.

Da RaiNews24

La cupidigia e la corruzione del sistema finanziario. E l’influenza dei soldi sulla politica americana. E’ questo che ha spinto oggi centinaia di persone a radunarsi vicino Wall Street, nelle vie adiacenti al New York Stock Exchange, per manifestare contro quello che ritengono un sistema ingiusto e che chiedono al presidente Barack Obama di costituire una commissione che metta fine “all’influenza dei soldi sugli eletti”.

La protesta pacifica, lanciata da Adbusters e chiamata ‘Occupare Wall Street’, vuole ricalcare la primavera araba, dar vita a una ‘Piazza Tahrir americana’: l’idea degli organizzatori sarebbe quella di sostare nell’area con tende per settimane se non mesi per replicare le manifestazioni in Egitto, Spagna e Israele.

La scelta di manifestare il 17 settembre, che gli organizzatori definiscono ‘Giorno della Rabbia’, si rifa’ alla proteste nel 1969 a Chicago contro la Guerra in Vietnam. I manifestanti hanno cercato di raggiungere l’ingresso del New York Stock Exchange ma sono stati fermati dalla polizia. “La sola cosa che abbiamo in comune e’ che noi siamo quel 99% della popolazione che non tollera piu’ la cupidigia e la corruzione del restante 1%” si legge sul sito ‘Occupare Wall Street’.

“Basta corruzione” e “New York dice no alla cupidigia di Wall Street” sono alcune delle scritte sui cartelli agitati dai manifestanti. “Chi guarda al panorama politico ed economico che abbiamo a Washington non puo’ che arrivare alla conclusione che il sistema e’ rotto” afferma Bill Csapo, un volontario dell’organizzazione della manifestazione. “L’attenzione e’ sull’impatto tossivo e sulla corruzione di fondi illimitati sulla politica, che non possiamo chiamare democrazia. Il governo deve tornare a occuparsi del 99% degli americani: la legge ora e’ scritta per un 1% della popolazione”.

A partecipare alla manifestazione l’organizzazione 99 Percent Project, secondo la quale il 99% degli americani “e’ cacciato dalle proprie case, e’ costretto a scegliere fra alimentari e affitto, gli vengono negate cure mediche di qualita’ e lavora ora per uno stipendio basso e niente diritti”.(Beh, buona giornata)

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“Troppi giovani che finiscono gli studi con una laurea restano senza lavoro, questo è accaduto anche a Madrid e al Cairo, stiamo attenti a non avere le stesse conseguenze, un’esplosione di proteste”.

di FEDERICO RAMPINI-la Repubblica

“New York rischia la fine del Cairo”, avverte Bloomberg. Il sindaco lo considera un rischio concreto. Teme il ritorno di rivolte violente. L’ultimo precedente risale agli anni Sessanta, quando le tensioni razziali e la guerra del Vietnam trasformarono in campi di battaglia le metropoli americane. “Troppi giovani che finiscono gli studi con una laurea restano senza lavoro – dice Michael Bloomberg – questo è accaduto anche a Madrid e al Cairo, stiamo attenti a non avere le stesse conseguenze, un’esplosione di proteste”. Mentre il sindaco parla alla radio, Wall Street è transennata perché (nonostante il sabato e i mercati chiusi) vi affluiscono i manifestanti del Day of Rage, il “giorno della rabbia”, che denunciano “il dirottamento della democrazia americana da parte della finanza”.

Nelle stesse ore il vertice europeo si tiene in una Breslavia assediata per l’arrivo di 30.000 manifestanti. Hanno fatto il giro del mondo le immagini del cittadino greco che ha tentato di immolarsi davanti alla banca che non gli aveva concesso una dilazione sul mutuo. Quell’uomo in fiamme spiega l’accostamento che fa Bloomberg tra il disagio sociale in Occidente e la “primavera araba”? In Tunisia la scintilla iniziale della rivolta fu il gesto disperato di un ambulante che si diede fuoco per protestare contro gli abusi della polizia.

Certo nei movimenti che agitano il Nordafrica c’è un altro elemento, la rivolta antiautoritaria. Ma altrettanto importante è l’elevata disoccupazione giovanile, la ragione per cui Bloomberg mette sullo stesso piano gli “indignados” di Madrid e i giovani di Piazza Tahrir. E s’immagina Manhattan trasformata a sua volta in un rogo di proteste. Esagera? Il sindaco di New York non è solito fare dell’allarmismo. E’ un brillante businessman, uno dei capitalisti più ricchi del suo Paese, per avere fondato la maggiore agenzia d’informazioni finanziarie. Politicamente è un indipendente di centro. Quella che intuisce, è una malattia comune a molte nazioni occidentali.

Dalla democrazia più antica del mondo, la Grecia, a quella più potente del mondo, gli Stati Uniti, le basi del consenso sociale vengono disintegrate dalla Grande Contrazione economica, che dura da cinque anni e di cui non si vede la fine. Atene vive una “sospensione” della democrazia: la politica economica viene dettata da tecnocrazie esterne cioè Bce, Commissione europea, Fmi. Forse è vero quel che pensano i tedeschi, che i greci se lo sono meritati con una gestione dissennata e parassitaria delle loro finanze. Resta il fatto che la loro sovranità è stata trasferita a Francoforte, Bruxelles, Washington.

Negli Stati Uniti è in frantumi un contratto sociale che reggeva dal New Deal degli anni Trenta. Più di 46 milioni di americani vivono sotto la soglia della povertà, è un livello record, mai raggiunto da quando esistono questi dati raccolti dal Census Bureau. Perfino più impressionante dei nuovi poveri, è il destino della middle class.

Il reddito annuo mediano per un maschio adulto che lavora a tempo pieno, se misurato in potere d’acquisto reale, è regredito rispetto ai livelli del 1973. Quarant’anni di sviluppo economico cancellati, per il ceto medio è la fine dell’American Dream. Questo tracollo di tenore di vita e di aspettative coincide con una smisurata accumulazione di ricchezze ai vertici della piramide.

L’unico precedente storico è negli anni Venti, la cosiddetta Età dell’Oro che precedette il crac del 1929. Anche allora le diseguaglianze sociali giocarono un ruolo fondamentale nello scatenare la Grande Depressione: la debolezza estrema del potere d’acquisto dei lavoratori fece mancare al capitalismo quel mercato interno che è essenziale per la sua crescita. Ci vollero due grandi riformatori dell’economia di mercato, il presidente Franklin Roosevelt e l’economista inglese John Maynard Keynes, per salvare il capitalismo dalle sue pulsioni autodistruttive, costruendo una società meno duale e meno feroce. La grande differenza tra questa crisi e quella di 70 anni fa, è che nel frattempo grazie al keynesismo e al New Deal rooseveltiano tutto l’Occidente si è dotato di reti di protezione sociale, un Welfare State che attutisce almeno in parte le sofferenze della crisi.

E’ proprio questo Welfare State il cui smantellamento viene messo all’ordine del giorno, in Grecia dalle tecnocrazie europee su mandato tedesco, in America dalla destra neoliberista che controlla la Camera. Questo accade mentre in tutti i Paesi sviluppati i sindacati sono in uno stato di debolezza estrema; e la sinistra è sotto assedio nelle poche nazioni dove governa (Washington, Madrid, Atene).

In assenza di meglio, tocca a un miliardario illuminato come Bloomberg lanciare l’allarme sulla lacerazione del tessuto sociale. Perfino due studi circolati nelle banche Citigroup e Morgan Stanley avvertono Wall Street sui danni della “plutonomia”, un sistema politico dominato dal potere del denaro, dove le diseguaglianze hanno oltrepassato i livelli di guardia e la crescita non ha più le basi di massa su cui ripartire. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro

Crisi del debito e deficit di credibilità.

“L’Italia ha un problema di debito che è piuttosto rilevante – ha detto Anders Borg, ministro del Tesoro della Svezia- e prima ancora di prendere nuove misure ha parecchio lavoro da fare nel mettere in pratica quelle già annunciate. Solo questo – ha spiegato Borg – ridarebbe credibilità all’Italia, che ora deve rafforzare la crescita e la sostenibilità dei conti”. Beh, buona giornata.

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