L’apoteosi della dietrologia.
Autore: Marco Ferri
Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.
di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro
Quarantesima vittima del lavoro in Lombardia, regione che ogni 60 ore esige il sacrificio di un lavoratore. I morti totali nell’anno arrivano a 279, praticamente in linea con il 2024 quando all’8 aprile si contavano 288 vittime (con un giorno in più).
La quarantesima vittima lombarda risponde al nome di Domenico Braga, 58enne di Gussola (Cremona), morto martedì 8 aprile a Roncadello, frazione di Casalmaggiore (Cremona). Intorno alle 10 Braga è stato ferito a morte dalla pressa per compattare cartoni e carta in uso alla Verdelook di Ettore Biacchi, azienda che commercializza materiali e arredi per il giardino e la casa. Braga è morto prima ancora che arrivassero i soccorsi.
Ivan Paulon, autotrasportatore 53enne di Pontestura (Alessandria), è morto martedì 8 aprile sulla A21, nei pressi di Villanova d’Asti (Asti) in un tipo d’incidente sempre più frequente. Paulon ha accostato sulla corsia d’emergenza per sistemare meglio il carico, è sceso dalla cabina ed è stato travolto e ucciso da un camion. È il terzo caso del genere nell’ultimo mese.
Lillo Morgante, 62enne di Naro (Agrigento), ha perso la vita martedì 8 aprile a Camastra, sempre nell’Agrigentino, cadendo da una betoniera mentre manovrava il braccio a pompa per una gettata di calcestruzzo. L’operaio è morto sul colpo.
Un 40enne indiano è morto martedì 8 aprile a Matera, a Borgo la Martella, intrappolato nella macchina rotoimballatrice che stava manovrando. Nulla da fare per i soccorritori.
Gianni R., 67enne pensionato di Morro Reatino (Rieti), è morto lunedì 7 aprile straziato dalle lame della motozappa. L’assenza di testimoni rende difficoltosa la ricostruzione dell’accaduto.
#domenicobraga#ivanpaulon#lillomorgante#mortidilavoro
Aprile 2025: 18 morti (sul lavoro 12; in itinere 6; media giorno 2,2)

Anno 2025: 279 morti (sul lavoro 226; in itinere 53; media giorno 2,8)
40 Lombardia (sul lavoro 29, in itinere 11)
33 Veneto (27 – 6)
23 Sicilia (15 – 6)
21 Puglia (19 – 2)
20 Lazio (17 – 3), Campania (16 – 4)
18 Toscana (14 – 4); Emilia Romagna (12 – 6)
17 Piemonte (16 – 1)
14 Abruzzo (12 – 2)
10 Calabria (10 – 0)
8 Umbria (8 – 0)
7 Marche (6 – 1)
6 Basilicata (6 – 0)
5 Alto Adige (5 – 0); Liguria, Friuli Venezia Giulia (4 – 1)
4 Trentino (4 – 0)
3 Sardegna (2 – 1)
2 Molise (1 – 1)
Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)
Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)
Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

Dopo lo scandalo del boia libico scarcerato e addirittura accompagnato a casa con un volo di Stato, ecco un’altra vergognosa violazione del diritto internazionale.
Il volo che portava Netanyahu a Washington è entrato e uscito dallo spazio aereo italiano senza che nessuno abbia impartito l’ordine di costringerlo ad atterrare per eseguite l’ordine di cattura emesso dalla Corte penale internazionale.
Il governo italiano si macchia per la seconda volta in pochi mesi del reato di favoreggiamento nei confronti di un imputato di reati contro l’umanità.
La prima ministra Meloni, il ministro Tajani, il ministro Nordio hanno disonorato lo Statuto di Roma, adottato il 17 luglio 1998, entrato in vigore il 1º luglio 2002, dopo che è stato ratificato da almeno 60 Stati.
L’ordine di cattura contro Netanyahu è in vigore dal 21 novembre 2024.
Il piano Madagascar.
di Raul Hilberg
Fino al 1940, i programmi di emigrazione si erano limitati a prevedere il trasferimento di diverse migliaia di ebrei, 150.000 nel caso del piano Schacht.
Il progetto Madagascar riguardava milioni di Ebrei. I suoi fautori volevano liberare dalla popolazione ebrea tutta la zona del Reich-Protettorato e tutta la Polonia occupata. L’idea, a grandi linee, fu promossa dalla sezione III dell’Abteilung Deutschland del ministero degli Esteri (l’Abteilung Deutschland, del resto, doveva dedicare molte delle sue attenzioni alle questioni ebraiche).
Il piano venne trasmesso a un ufficio vicino che lo accolse con favore: L’Ufficio centrale della Sicurezza del Reich diretto ha Heydrich. Quest’ultimo fu entusiasta dell’idea.
La reazione più che favorevole di Heydrich si spiega perfettamente se si prende in esame il progetto. Ricordiamo in sintesi che il Madagascar, isola africana, doveva essere ceduta dalla Francia alla Germania con un trattato di pace.
La marina tedesca si sarebbe riservata le basi migliori dell’isola, e il resto del Madagascar sarebbe stato posto sotto la giurisdizione di un governatore della polizia che avrebbe risposto direttamente a Heinrich Himmler.
La zona controllata dal governatore della polizia doveva diventare riserva ebraica. Quanto al trasferimento degli Ebrei, sarebbe stato finanziato con le proprietà che questi erano costretti a lasciare nei territori di partenza.
Questo piano, secondo l’Abteilung Deutschland, era di gran lunga preferibile all’insediamento di una comunità in Palestina. Innanzitutto, la Palestina apparteneva al mondo cristiano e musulmano. Poi, trasferiti nel Madagascar, gli Ebrei avrebbero potuto servire da ostaggi per garantire la buona condotta dei loro “compagni di razza” in America.
Heydrich non sapeva che farsene di quegli argomenti. A lui bastava che la quasi totalità dell’isola fosse governata dalle SS e dalla polizia. Ma il piano Madagascar non vene mai varato. Si fondava su un trattato di pace con la Francia, ma questo trattato dipendeva dalla fine delle ostilità con l’Inghilterra.
Se non si poneva un termine al conflitto, non ci sarebbe stato un trattato di pace, e senza trattato di pace non c’era il Madagascar.
Il piano Madagascar fu l’ultimo importante tentativo destinato a “risolvere il problema ebraico” con l’emigrazione. (Raul Hilberg, “La distruzione degli Ebrei d’Europa”, Tomo II, pagg. 435-436, Einaudi).

Non appena il governo Meloni ha detto che sono disponibili 10 miliardi di euro per compensare l’eventualità dei dazi, magari pescando nel Pnnr, subito Piazza Affari si è ripresa.
Quelli che “giocano con la Borsa”, come al solito, hanno ottenuto quello che volevano. “E io pago”, diceva Totò.
Nei giorni scorsi è stato diffuso uno studio del Watson Institute for International and Public Affairs (https://home.watson.brown.edu/) secondo cui nel conflitto a Gaza “sono rimasti uccisi più giornalisti della guerra civile americana, della prima e della seconda guerra mondiale, della guerra di Corea, della guerra del Vietnam, delle guerre in Jugoslavia negli anni Novanta e Duemila e della guerra in Afghanistan successiva all’11 settembre messe insieme”.
208 quelli calcolati dai ricercatori.
Neoliberisti smuskerati.
Come un elefante in una cristalleria, Trump sta mandando in frantumi la globalizzazione.
Il principio è “la distruzione creativa”, quella di schumpeteriana memoria: Trump ha avviato un processo distruttivo delle regola imposte dal WTO trent’anni fa, attraverso il quale la sua innovativa politica dei dazi, usati come il martello di Thor, col quale violenta l’economia mondiale, rende obsolete le vecchie idee sul mercato, sostituendole con nuove soluzioni, più efficienti, avanzate o desiderabili.
Apparentemente, quella di The Donald sembrerebbe una provocazione all’insegna della figura retorica del “io sono io e voi non valete che un dazio”.
In realtà è esattamente quello che il capitalismo finanziario desidera, per continuare a fare soldi a palate: è tempo di rimettere in circolazione gli ingenti profitti, accumulati negli ultimi decenni.
Anche a costo di “depurare” gli interessi maturati dai piccoli investitori, che sono quelli che stanno perdendo di più in questi giorni nelle Borse di tutto il mondo. D’altronde è noto che chi “gioca in Borsa” spesso dimentica che c’è chi “gioca con la Borsa”.
Il fine che giustifica i mezzi trumpiani è che i mercati globali si dividano per specializzarsi, si ché non sia più la quantità degli scambi commerciali, ma la qualità specifica della produzione di beni e servizi a competere e fare le differenze, in modo da governare con più autoritarismo le risorse energetiche, l’ambiente naturale, la creatività tecnologica, le esportazioni, la manifattura e di conseguenza la mano d’opera. Là dove fosse necessario, con la deterrenza, cioè l’uso della forza armata, magari nei mari indocinesi.
Mentre i governi europei, ormai obsoleti perché prodotto scadente e scaduto della globalizzazione, sembrano pesci che si dibattono agonizzanti sulla tolda di quella carretta del mare che è diventata l’Ue, la rottura trumpiana si è avverata, come se improvvisamente la politica avesse ripreso il sopravvento sulla finanza.
Così, dopo la crisi del neo-keinesismo che ha mandato alle ortiche la socialdemocrazia europea, – e con lei lo Stato sociale -, ecco il tonfo del neoliberismo, del “meno stato-più mercato” alla Milton Friedman, che getta in confusione politica e nella disperazione del consenso le destre europee.
Se ne è accorto anche Elon Musk, che su X posta un Friedman d’annata, che ciurla sul manico del neoliberismo con la storiella della matita, anche se il beniamino “dei patrioti de noantri” forse non ha ancora ben capito quello che può succedere anche al suo stesso impero finanziario.
Pelle nera e coscienze sporche.
Marine Le Pen ha utilizzato indebitamente oltre 4 milioni di euro destinati agli assistenti parlamentari del Parlamento Europeo per finanziare attività del partito in Francia. Insomma una truffa, ai danni della Ue. Ecco perché è stata condannata. Quei soldi erano destinati ai dipendenti del gruppo parlamentare, che di conseguenza lavoravano con stipendi da fame.
Un po’ come la storia della cassa integrazione per i suoi dipendenti che si intascava la Pitonessa durante il Covid, secondo l’accusa che la vede sotto processo, ma ancora al governo.
Oppure, un po’ come la storiaccia dei 49 milioni di rimborsi elettorali non dovuti ma incassati e intascati dai dirigenti della Lega dell’era Bossi.
Si sa che alla destra è sempre piaciuto il nero, soprattutto i fondi neri.
Però che Le Pen si paragoni a Martin Luther King è disperazione populista allo stato grezzo.
Il reverendo Luther King era afroamericano, si batteva per i diritti dei neri d’America, per questo è stato assassinato da un suprematista bianco.
Madame Le Pen di nero ha la coscienza, oltre che la carriera politica razzista, suprematista e sovranista. Così, anche a pelle, il paragone proprio non regge.
di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro
L’Inail ha comunicato i suoi conteggi per il primo bimestre 2025: 97 vittime del lavoro e 36 in itinere, per un totale di 133.
Sarebbero diminuiti gli infortuni sul posto di lavoro (-5,5%), ma aumentati i casi mortali (+6,6%); altrettanto per i casi in itinere, con un calo delle denunce (-2,1) e un aumento delle vittime (+33,3%).
Nei mesi di gennaio e febbraio 2025 noi avevamo contato invece 162 morti (135 sul lavoro e 27 in itinere), 15 in meno rispetto al 2024, con un calo dell’8,4%. Mancherebbero all’appello 29 vittime, un quinto del totale Inail, ma si sa che l’istituto non copre l’intera platea lavorativa e lavora soltanto sulle denunce di infortunio, peraltro sottoposte a scrematura.
Ecco il link: https://www.inail.it/portale/it/inail-comunica/comunicati-stampa/comunicato-stampa.2025.04.denunce-di-infortuni-e-malattie-professionali-i-dati-inail-di-febbraio.html?fbclid=IwY2xjawJfT7ZleHRuA2FlbQIxMAABHosL5-rq3DdY06V31kJb49jCyCM4f7vTjzTsVeuCsl8o0XvPN38QfoXb2cwQ_aem_TxKVx3OkENTncCXhlSaXAA
Segnaliamo il passaggio secondo il quale in Italia sul fronte della sicurezza dei lavoratori va sempre meglio: l’incidenza infortunistica del 2025 è crollata del 18,1% rispetto al 2019, passando da 309 a 253 infortuni ogni 100mila occupati Istat.
LA GRANDE ARTE AL CINEMA.
Lo sgomento di Confindustria è goffo quanto grottesco è il panico di Palazzo Chigi. Per non dire della coda di paglia di Bankitalia.
Fanno tutti finta di non sapere che finora il nostro sistema economico ha fatto fatturati con le esportazioni, – di prodotti finiti, ma anche di componentistica – per rendere profittevoli i quali sono stati depressi stipendi e salari, col risultato di desertificare i consumi interni.
Era la globalizzazione, bellezza! Ma il gioco è bello quando dura poco.
Donald Il Terribile ha capovolto il paradigma. E sono diventati dazi amari.
Quindi, cari industriali italiani è inutile piagnucolare: vi tocca fare i capitalisti veri, produrre e vendere in Italia e alzare stipendi e salari – magari di quel fatidico 8,7 per cento – se no nessuno compra più niente.
È ora che il Made in Italy giochi in casa. Alla faccia dei sovranisti governativi: Meloni tolga il prosciutto dagli occhi (e dalle orecchie). O glielo toglie Trump.
di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro
Due vittime in itinere nell’incidente stradale avvenuto poco dopo le 8 di giovedì 3 aprile sulla regionale 353 a Muzzana del Turgnano (Udine), dove si sono scontrati frontalmente un’autovettura e un furgone.
A perdere la vita il 37enne Dimitri Zornik, data analyst team leader alla beanTech, azienda informatica del capoluogo friulano, e il 67enne Enzo Lazzarini, idraulico 67enne di Latisana.
Entrambi sono morti sul colpo, mentre il secondo occupante del furgone, ribaltatosi nel fosso che costeggia la strada, è stato elitrasportato in ospedale.
Andava al lavoro anche il 48enne Andrea Senesi, autista della Elbana Servizi Ambientali. Intorno alle 6 di giovedì 3 aprile, si è schiantato con la moto contro un palo metallico di una stazione di servizio sulla piana di Mola, nel comune di Porto Azzurro (Livorno).
Nessuno ha assistito all’incidente e l’allarme è stato dato da un automobilista che si era fermato a fare rifornimento, ma per il lavoratore, che risiedeva a Capoliveri, era ormai troppo tardi.
#dimitrizornik#enzolazzarini#andreasenesi#mortidilavoro
Aprile 2025: 9 morti (sul lavoro 4; in itinere 5; media giorno 3)

Anno 2025: 270 morti (sul lavoro 218; in itinere 52; media giorno 2,9)
39 Lombardia (sul lavoro 28, in itinere 11)
33 Veneto (27 – 6)
22 Sicilia (14 – 6)
20 Puglia (18 – 2);
Campania (16 – 4)
19 Lazio (16 – 3)
18 Emilia Romagna (12 – 6)
17 Toscana (13 – 4)
16 Piemonte (15 – 1)
13 Abruzzo (12 – 1)
10 Calabria (10 – 0)
8 Umbria (8 – 0)
7 Marche (6 – 1)
5 Alto Adige (5 – 0);
Liguria, Friuli Venezia Giulia (4 – 1)
4 Trentino, Basilicata (4 – 0)
3 Sardegna (2 – 1)
2 Molise (1 – 1)
Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)
Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)
Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)
di Ilan Pappè
Con la piena consapevolezza da parte di Moshe Dayan, Ariel Sharon fu il primo ad adottare il metodo della punizione collettiva in risposta al nascere delle resistenze nella Striscia.
La sua politica includeva la demolizione di abitazioni, arresti di massa senza processo, lunghe ore di coprifuoco e violente irruzioni nella case e nelle baracche.
Nel 2008 è stata creata una pagina web ufficiale per commentare la vita e le conquiste di Sharon, un sito in cui, anziché tacere del suo ruolo a Gaza in quei giorni, lo si elogiava con orgoglio:
«Sharon partecipa personalmente a queste perquisizioni. Ordina ai soldati di eseguire un’ispezione fisica completa di tutti i maschi e a volte, per poter condurre una perquisizione, impone il coprifuoco nel campi profughi.
Il chiaro obiettivo della missione è trovare terroristi e ucciderli. I soldato hanno l’ordine di non cercare di catturare i terroristi vivi. Sharon comanda loro di essere duri con la popolazione locale, di eseguire perquisizioni nelle strade e, se necessario, persino di spogliare i sospetti; di sparare per uccidere qualsiasi arabo in possesso di una pistola; di sparare per uccidere qualsiasi arabo che non obbedisca a un ordine di Stop! e di ridurre il rischio della propria vita non esitando a fare fuoco massicciamente, sradicando gli alberi dei frutteti che rendono difficile la cattura dei terroristi, demolendo le case e cacciandone via i proprietari in altre abitazioni, così da approntare delle strade sicure.
Hida Abdel-Shafi, un alto capo palestinese, ha dichiarato: “Per garantire la sicurezza, Sharon aveva deciso di aprire delle strade nel campo di Al Shateya e a Rafah. Ciò portò alla rimozione di case, di abitazioni dei profughi, il che non era un’azione da intraprendere alla leggera, tuttavia né Dayan né il governo israeliano fecero obiezioni e così lui ha davvero distrutto le case di molti rifugiati”.
Eli Landau, alleato politico e e amico di Ariel Sharon, afferma: “Era un ufficiale molto alto in grado che, insieme alle truppe, andava di casa in casa, di bunker in bunker, di aranceto in aranceto, per dimostrare le sue intenzioni. Tre mesi dopo Gaza era tranquilla.
Il terrore era stato schiacciato con il pugno di ferro, con mano violenta. Aveva seminato la paura a a Gaza, ed era temuto”.(<www.ariel-sharon-life-story.com/08-Aiel-Sharon- Biography-1971-War-against-Terrorism.shtml>)».
I metodi e di dettagli della rappresaglia si fondavano sulle misure militari contro-insurrezionali adottate dai britannici contro i palestinesi durante la rivolta araba degli anni Trenta; a quanto pare, i nuovi governanti della Cisgiordania e della Striscia di Gaza erano rimasti fortemente impressionati da questa metodologia spietata.
Sotto i britannici, questo modello di disumanità era rimasto in vigore per tre anni; per i palestinesi, invece, dura da oltre cinquant’anni. (Ilan Pappé, “La prigione più grande del mondo, storia dei territori occupati”, Fazi Editore, pagg.189-190.)
MORTI DI LAVORO: +43% NEL VENETO
di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro
Al 2 aprile del 2024 il Veneto contava 23 vittime del lavoro. Quest’anno, alla stessa data, è già a 33, con un incredibile aumento del 43%.
L’ultimo morto è il 52enne Vincenzo Arsena, moglie e due figli, pugliese di origini ma residente a Porto Mantovano (Mantova), da 3 anni dipendente della Anodall Extrusion di Trevenzuolo (Verona), produttore di profilati in alluminio acquisito nel 2018 dal gruppo lussemburghese Valfidus.
Poco dopo le 6 di mercoledì 2 aprile Arsena è stato folgorato mentre movimentava materiali su un carro ponte: una scossa potente, al punto da avvolgere tra le fiamme il lavoratore, che è precipitato al suolo, probabilmente già privo di vita.
Fabiana Chiarappa, 32enne soccorritrice nella postazione del 118 a Turi (Bari), è morta nella serata di mercoledì 2 aprile in un incidente stradale mentre tornava in moto dal lavoro.
Biker appassionata, ha perso il controllo della sua Suzuki SV650 e si è schiantata contro un muretto. Grande il dolore dei colleghi intervenuti sul posto.
Giuseppe Gabbi, 64enne direttore e istruttore del Centro volo di Campagnano (Roma), è morto mercoledì 2 aprile precipitando con un ultraleggero a Isola del Cantone (Genova).
Dopo l’impatto il velivolo si è incendiato, non lasciando scampo a Gabbi. Con lui è morto il 38enne Riccardo Muci, agente di polizia pugliese, nominato da Mattarella Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica per aver salvato nel 2018 decine di persone da un incendio sulla tangenziale di Bologna.
I due erano partiti da Mazzè (Torino), dove avevano acquistato l’ultraleggero, ed erano diretti a Sutri (Viterbo). L’aereo è stato visto volare bassissimo, secondo le prime ipotesi tentando un atterraggio di emergenza.
Un 26enne pugliese, agente della Guardia di Finanza, si è tolto la vita nella sede del Comando generale a Roma sparandosi con la pistola d’ordinanza. È accaduto martedì 1° aprile. Ancora presto per dire se si è trattato di un caso di burnout.
#vincenzoarsena#fabianachiarappa#giuseppegabbi#RiccardoMuci#mortidilavoro
Aprile 2025: 6 morti (sul lavoro 3; in itinere 3; media giorno 3)
Anno 2025: 267 morti (sul lavoro 217; in itinere 50; media giorno 2,9)
39 Lombardia (sul lavoro 28, in itinere 11)
33 Veneto (27 – 6)

22 Sicilia (14 – 6)
20 Puglia (18 – 2); Campania (16 – 4)
19 Lazio (16 – 3)
18 Emilia Romagna (12 – 6)
16 Piemonte (15 – 1); Toscana (13 – 3)
13 Abruzzo (12 – 1)
10 Calabria (10 – 0)
8 Umbria (8 – 0)
7 Marche (6 – 1)
5 Alto Adige (5 – 0); Liguria (4 – 1)
4 Trentino, Basilicata (4 – 0)
3 Friuli Venezia Giulia (3 – 0); Sardegna (2 – 1)
2 Molise (1 – 1)
Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)
Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)
Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)
di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro
Raffaella Scudiero, 26enne barista di Acerra (Napoli), è morta martedì 1° aprile mentre andava al lavoro a San Felice a Cancello (Caserta). Durante un sorpasso si è scontrata con un’auto che svoltava a sinistra e ha perso il controllo della vettura, finita contro un cordolo.
L’apertura dell’airbag le ha provocato una grave ferita alla gola, che ne ha provocato la morte per shock emorragico. Lascia la madre e due fratelli più piccoli.
Enrico Moretti, 51enne imprenditore di Sedico (Belluno), titolare della Moretti Interiors, è morto martedì 1° aprile sulla A26, nei pressi della diramazione per Predosa (Alessandria).
Il suv con il quale stava andando alla filiale di Montecarlo della sua azienda ha tamponato un camion che lo precedeva. L’uomo è morto sul colpo.
Salgono intanto a 99 le vittime di marzo. Lunedì 31 il 59enne Franco Falessi, impiegato dell’Anagrafe di Roma, è morto per un malore che lo ha colpito sul posto di lavoro, nel Municipio VII. Nulla da fare per i soccorritori.
#raffaellascudiero#enricomoretti#francofalessi#mortidilavoro
Aprile 2025: 2 morti (sul lavoro 0; in itinere 2; media giorno 2)

Anno 2025: 263 morti (sul lavoro 214; in itinere 49; media giorno 2,9)
39 Lombardia (sul lavoro 28, in itinere 11)
32 Veneto (26 – 6)
22 Sicilia (14 – 6)
20 Campania (16 – 4)
19 Puglia (18 – 1)
18 Lazio (15 – 3); Emilia Romagna (12 – 6)
16 Piemonte (15 – 1); Toscana (13 – 3)
13 Abruzzo (12 – 1)
10 Calabria (10 – 0)
8 Umbria (8 – 0)
7 Marche (6 – 1)
5 Alto Adige (5 – 0)
4 Trentino, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)
3 Friuli Venezia Giulia (3 – 0); Sardegna (2 – 1)
2 Molise (1 – 1)
Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)
Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)
Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

Parte sabato 5 aprile con la proiezione di “Io capitano” di Garrone, già nomination agli Oscar 2024, “Intuizioni di Primavera”, la rassegna multidisciplinare organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune, che si svolgerà al Teatro Delia Scala di Bracciano fino al 25 maggio.
“Dopo il buon risultato dello scorso dicembre con la rassegna ‘La cruna del Lago’ – dice Biancamaria Alberi, assessora alla Cultura – torniamo al Teatro Delia Scala con cinema, teatro, danza e musica. Abbiamo assemblato un palinsesto di pregio – continua Alberi – cinque film, tra cui ‘Io capitan’o, film italiano candidato agli Oscar 2024 e ‘No Other Land’, vincitore dell’Oscar come miglior film documentario”.
I film in programmazione sono stati proposti dal MedFilm Festival.
La rassegna prevede due spettacoli teatrali molto significativi: “Nella tempesta che ho nel cuore”, monologhi su Pasolini di Antonio Costantino, con Andrea Dolcini, regia di Raffaello Fusaro e “Pulcinella nella luna”, di e con Federico Moschetti, una gustosa rievocazione dei fasti della commedia dell’arte.
“C’è poi un ricco programma musicale – dice ancoral’assessora Alberi – che prevede 5 appuntamenti, che vanno dalla lirica, al jazz, dalla musica barocca a quella moderna. E un coinvolgente spettacolo di teatro danza proposto dall’Associazione Il Proscenio”.
Alla domanda del perché nel sottotitolo di Intuizioni di Primavera ci sia scritto “la rassegna che non si rassegna”, Biancamaria Alberi ha detto: “La cultura è un formidabile anticorpo contro l’individualismo, la rassegnazione, il disinteresse verso la comunità. Allo stesso tempo – conclude Alberi – è un efficace integratore alla coesione sociale, dunque fa bene alle persone, alle famiglie ed è salutare per il sistema dell’accoglienza turistica e della ristorazione del territorio di Bracciano”.
Intuizioni di Primavera parte sabato 5 aprile si svolgerà fino al 26 maggio, al Teatro Delia Scala, in via delle Ferriere 16, Bracciano. Info: cultura@comune.bracciano.rm.it
Marzo 2025: 98 morti di lavoro.
di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro
Il mese di marzo si conclude con un bilancio provvisorio di 98 vittime del lavoro, 14 in più rispetto a marzo 2024, con un aumento del 14,2%.
Il primo trimestre è tuttavia in linea con il 2024, grazie al rallentamento del trend nei mesi di gennaio e febbraio: i morti a oggi sono 260, l’anno scorso erano stati 261 con un giorno in più (anno bisestile).
Nazareno Bistosini, 64enne di Colbuccaro (frazione di Corridonia, Macerata), moglie e 4 figli, socio della Central Gru di Petriolo (MC), è morto lunedì 31 marzo per le conseguenze dello scoppio di un compressore mentre procedeva alla sabbiatura di alcuni elementi metallici.
Bistosini indossava i dispositivi di protezione prescritti, ma il compressore esploso ha liberato una gran quantità di anidride carbonica che ne ha causato la morte per soffocamento.
Francesco Procopio, 57enne torinese impiegato alla Greenthesis dell’Interporto di Orbassano (Torino), è morto lunedì 31 marzo travolto dal crollo di un armadio blindato.
Procopio stava procedendo da solo all’inventario della parte dismessa di un magazzino e quando ci si è resi conto dell’accaduto era ormai troppo tardi.
Matteo Binetti, 54enne di Arsiero (Vicenza), è morto poco dopo la mezzanotte di domenica 30 marzo, mentre in moto tornava a casa da Schio dove lui, commerciante di prodotti alimentari pugliesi, aveva organizzato una tre giorni di assaggi ed eventi.
La moto ha impattato su un blocco di cemento, catapultando Binetti a diversi metri di distanza. L’uomo è morto sul colpo, solo lievi feriti per la ragazza che era con lui.
Un boscaiolo 74enne di Sarentino (Bolzano), è morto lunedì 31 marzo cadendo da 15 metri di altezza mentre potava gli alberi in un terreno scosceso di sua proprietà nella frazione di Windlahn (Lana al Vento).
Il 13 marzo a Windlahn era morto un altro boscaiolo, il 23enne Peter Nussbaumer.
Registriamo infine la morte di un sedicenne nell’azienda agricola di famiglia a Montopoli Valdarno (Pisa).
Il fatto è avvenuto nel tardo pomeriggio di lunedì 31 marzo: il padre del ragazzo ha trovato il figlio senza vita sotto un trattore ribaltato in un canale. Ancora pochi gli elementi per poterla definire morte sul lavoro.
#nazarenobistosini#FrancescoProcopio#matteobinetti#mortidilavoro
Marzo 2025: 98 morti (sul lavoro 78; in itinere 20; media giorno 3,2)

Anno 2025: 260 morti (sul lavoro 213; in itinere 47; media giorno 2,9)
39 Lombardia (sul lavoro 28, in itinere 11)
32 Veneto (26 – 6)
22 Sicilia (14 –
19 Puglia (18 – 1); Campania (16 – 3)
18 Emilia Romagna (12 – 6)
17 Lazio (14 – 3)
16 Toscana (13 – 3)
15 Piemonte (15 – 0)
13 Abruzzo (12 – 1)
10 Calabria (10 – 0)
8 Umbria (8 – 0)
7 Marche (6 – 1)
5 Alto Adige (5 – 0)
4 Trentino, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)
3 Friuli Venezia Giulia (3 – 0); Sardegna (2 – 1)
2 Molise (1 – 1)
Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)
Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)
di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro
Lorenzo Laner, 59enne autotrasportatore di Trento, titolare della ditta omonima di Pergine Valsugana (TN) e presidente dell’associazione provinciale di categoria, è morto venerdì 28 marzo al termine di un viaggio di rientro con una comitiva che aveva accompagnato in Calabria.
Prima di accasciarsi sul volante Laner ha riportato a destinazione i passeggeri, fermando il pullman e accertandosi che tutti recuperassero le loro cose. Lascia la moglie e due figli.
Paolo Cervini, operaio 58enne di Ripi (Frosinone), è morto nella serata di sabato 29 marzo nell’ospedale Spaziani del capoluogo ciociaro.
Era ricoverato dal pomeriggio di mercoledì 26 marzo, quando era stato colpito al volto da un pezzo di metallo durante le operazioni di smontaggio della ruota di un tir in un’officina di Frosinone. Troppo gravi i traumi riportati.
Venerdì 28 marzo è morto nel Policlinico di Bari, dopo un’odissea medica di otto mesi, l’operatore ecologico 58enne Pierluigi Esposito, dipendente Tecneco.
Il 15 luglio 2024 era stato aggredito a Lucera (Foggia), dove era stato costretto a scendere dal suo furgone e pestato da due persone, riportando la frattura delle ossa facciali ed emorragia cerebrale.
Ricoverato in coma, si era ripreso lentamente, senza recuperare l’uso della parola, e aveva iniziato un lungo percorso di riabilitazione in diverse strutture pugliesi.
Venerdì una nuova emorragia ne ha causato la morte. Le indagini hanno portato in carcere un 29enne, per il quale ora l’accusa diventa di omicidio.
Gli inquirenti hanno appurato che l’aggressione era legata ad atti persecutori sul lavoro, per i quali la vittima aveva presentato diversi esposti.
Una situazione talmente deteriorata da costringere i familiari di Esposito a tenere nascosto il luogo di degenza del lavoratore per non esporlo ad altri pericoli.
#paolocervini#lorenzolaner#pierluigiesposito#mortidilavoro
Marzo 2025: 92 morti (sul lavoro 74; in itinere 18; media giorno 3,1)

Anno 2025: 254 morti (sul lavoro 209; in itinere 45; media giorno 2,9)
39 Lombardia (sul lavoro 28, in itinere 11)
31 Veneto (26 – 5)
22 Sicilia (14 –
19 Puglia (18 – 1); Campania (16 – 3)
18 Emilia Romagna (12 – 6)
17 Lazio (14 – 3)
14 Piemonte (14 – 0); Toscana (12 – 2)
13 Abruzzo (12 – 1)
10 Calabria (10 – 0)
8 Umbria (8 – 0)
6 Marche (5 – 1)
4 Trentino, Alto Adige, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)
3 Friuli Venezia Giulia (3 – 0); Sardegna (2 – 1)
2 Molise (1 – 1)
Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)
Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)
Dopo il pestaggio, l’arresto e infine la liberazione da parte dell’IDF in Cisgiordania di Hamdan Ballal, premio Oscar, 700 cineasti americani hanno scritto una lettera all’Academy per protestare contro il silenzio sull’aggressione alla libertà di espressione. L’Academy si è scusata e ha emesso un comunicato di condanna dell’aggressione e di solidarietà al regista palestinese.
In Italia non si è sentito volare una mosca. Siamo tornati al cinema muto?
di Rashid Khalidi
L’intifada fu una campagna di resistenza spontanea e dal basso, scaturita da un accumulo di frustrazioni e inizialmente senza alcun legame con la dirigenza politica palestinese.
Come per la rivolta avvenuta tra il 1936 e il 1939, la durata e il vasto sostegno all’intifada sono stati prova dell’ampio appoggio popolare di cui godeva.
La sommossa si dimostrò anche flessibile e innovativa, in quanto seppe sviluppare una gestione coordinata pur rimanendo guidata e controllata a livello locale.
Tra i suoi attivisti figuravano uomini e donne, professionisti e uomini d’affari dell’élite, contadini, abitanti dei villaggi, gente povera delle città, studenti, piccoli commercianti e membri di quasi tutti gli altri settori della società.
Le donne vi svolgevano un ruolo centrale, assumendo sempre più posizioni di comando, dato che molti uomini furono incarcerati, e mobilitando anche quelle persone che spesso erano escluse dalla politica convenzionale dominata dai maschi.
Oltre alle dimostrazioni, l’intifada prevedeva tattiche che andavano dagli scioperi ai boicottaggi, alle trattenute fiscali e ad altre ingegnose forme di disobbedienza civile.
A volte le proteste diventavano violente, innescate spesso dai soldati che infliggevano perdite pesanti attraverso l’uso di munizioni vere e con proiettili di gomma usati contro i manifestanti disarmati e dei giovani che lanciavano pietre.
A ogni modo, la rivolta fu prevalentemente non violenta e non armata, un elemento d importanza fondamentale che contribuì a mobilitare altri settori della società oltre ai giovani che protestavano nelle strade, dimostrando quindi che opporsi allo status quo e a sostenere l’intifada era l’intera società palestinese sotto occupazione.
La prima intifada è stata uno straordinario esempio di resistenza popolare contro l’oppressione e può essere considerata come la prima vittoria senza attenuanti per i palestinesi nella lunga guerra coloniale iniziata nel 1917. (Rashid Khalidi, “Paestina. Centro anni di colonialismo, guerra e resistenza”, Editori Laterza, pagg. 208-210).